Allarme chianina in Italia: cosa sta succedendo
Da Arezzo viene lanciato un allarme dato che le richieste di carne chianina sono in diminuzione e gli allevatori si trovano ad affrontare una crisi
Da Arezzo arriva l’allarme: la carne Chianina è in crisi dato che è crollata la richiesta del prodotto e le stalle, quindi, rimangono sempre più piene. Con il calo di domanda non conviene più allevare questa specie e il lavoro di molti allevatori soprattutto dell’aretino sembra a rischio.
Calo della richiesta di chianina in Italia
La chianina è una razza bovina diffusa in particolar modo in Toscana nelle zone di Arezzo e Siena, ma anche in percentuale minore in Umbria e alto Lazio. Il suo nome deriva proprio dalla Val di Chiana, un territorio che rientra le province di Arezzo e di Siena, in Toscana, e tra quelle di Perugia e di Terni, in Umbria. È un animale conosciuto in Italia sin dal tempo degli antichi romani e nei secoli scorsi è stato a lungo impiegato come forza motrice nei campi. La chianina, infatti, è un bovino che si contraddistingue perché di taglia molto grande e per il suo manto di colore bianco.
Per molti anni è stato considerato un simbolo del territorio toscano, delle sue campagne e delle tradizioni locali. Dal lavoro nei campi la chianina, infatti, è poi diventata uno dei cibi più pregiati al mondo. La sua carne è oggi considerata tra le più apprezzate e rinomate tanto che moltissimi turisti vengono anche dall’estero per assaggiarla. L’Italia, infatti, conta ben sei locali nella classifica classifica World 101 Best Steak Restaurant che riconosce i migliori posti per mangiare la carne alla griglia. Purtroppo, però negli ultimi tempi la chianina sembra essere in pericolo. Stando ai dati della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) di Arezzo, infatti, la domanda di questa tipologia di carne è in forte calo.
In generale il consumo di carne è in diminuzione e la chianina, in particolare, pare proprio risentirne. A Roma ad esempio ha aperto nel 2023 Impact Food che serve piatti tipici del fast food ma composti da ingredienti totalmente vegetali. Sembra, quindi, che in 10 anni gli allevatori di razza chianina nella provincia di Arezzo siano diminuiti del 27% così come è diminuito il numero di bovini allevati. Stando a quanto riporta ‘Ansa’, infatti, ci sarebbe stato un calo medio del 20% nelle vendite di chianine che ha portato anche ad una riduzione del prezzo di questa carne da circa 8,5€/kg a 7,5€/kg.
L’allarme lanciato dagli allevatori di chianina
Alla luce di questi dati negativi sulla chianina la Cia di Arezzo ha lanciato un allarme dato che questo è un settore strategico e importante soprattutto per il territorio di Arezzo. Le dichiarazioni di Serena Stefani, presidente della Cia Arezzo, su questa crisi sono state riportate da ‘Ansa’: “I produttori di Chianina devono fare i conti con una crisi di mercato grave e con regole sempre più stringenti e di difficile applicazione.”
Alle sue parole fanno seguito quelle di molti allevatori che denunciano non solo una diminuzione della richiesta e alti costi ma anche un’informazione poco trasparente al consumatore. Marcello Polverini, allevatore che gestisce un’azienda familiare multifunzionale ha spiegato quanto la chianina sia una razza complessa da gestire e attualmente anche poco remunerativa.
Le sue parole sono state riportate sempre da ‘Ansa’: “Le nostre stalle restano piene. L’indice di apprezzamento di questa razza è tutto in calo. Fatichiamo a vendere i capi, nonostante il prezzo di mercato si sia progressivamente abbassato fino a posizionarsi sui livelli delle altre razze. L’allevamento della razza richiede una gestione complessa e costosa, che oggi non è più remunerativa. Negli ultimi anni, poi, abbiamo assistito ad un autentico crollo delle richieste. Ormai si mangia meno carne e i canali di vendita si sono ristretti. Senza considerare che l’affermazione di nuove realtà commerciali ha svalorizzato il prodotto. Pensate che basta un 20 per cento di questa carne per fare un hamburger di Chianina. È evidente la necessità di avviare una campagna di tutela del prodotto complessiva, insieme a un programma di informazione e comunicazione adeguato a promuovere un’eccellenza a cui tanti allevatori da anni si dedicano con impegno e passione.”
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