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Una spiaggia italiana su cinque potrebbe sparire entro il 2050

Una spiaggia su cinque potrebbe sparire entro il 2050 in Italia: le previsioni del Rapporto "Paesaggi Sommersi" della Società Geografica Italiana

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Silvio Frantellizzi

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Una spiaggia

L’Italia rischia di perdere una spiaggia su cinque entro il 2050: a rivelarlo è il Rapporto “Paesaggi Sommersi” presentato da parte della Società Geografica Italiana.

Una spiaggia italiana su cinque potrebbe sparire entro il 2050

Le previsioni per le coste italiane non sono positive: il nostro Paese rischia di perdere il 20% delle proprie spiagge entro il 2050 e addirittura il 40% entro il 2100, con 800.000 persone a rischio ricollocazione.

I motivi principali sono diversi e tra questi troviamo: l’innalzamento del livello del mare, il sempre più alto rischio inondazioni, l’erosione costiera, la pressione demografica e urbanistica. Tutti questi fattori sono destinati a far sì che diverse aree delle coste italiane siano sotto il livello del mare entro la fine del secolo.

Le aree protette del nostro Paese, considerate cruciali per il mantenimento della biodiversità in quanto tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, in rare occasioni dispongono di un piano di gestione adeguato. Porti e infrastrutture connesse si estendono complessivamente per 2.250 chilometri su tutto il territorio nazionale e rischiano di essere irrimediabilmente compromesse, con effetti gravi sulla qualità dei sistemi logistici.

Quali sono le zone più a rischio in Italia

In base a quanto emerso dal Rapporto “Paesaggi Sommersi” della Società Geografica Italiana, tra le zone a forte rischio c’è l’Alto Adriatico, mentre in misura minore si segnalano la costa intorno al Gargano, diversi tratti del litorale tirrenico tra la Toscana e la Campania e le aree di Cagliari e Oristano.

Risulta a rischio anche il 50% delle infrastrutture portuali e il 10% delle superfici agricole, insieme a buona parte delle lagune, delle paludi e delle zone costiere “anfibie”, dal Delta del Po alla Laguna di Venezia.

Nel Rapporto viene sottolineato, in maniera dettagliata, quanto sia importante affrontare le questioni legate alle difese costiere, con le barriere artificiali che ormai proteggono più di un quarto delle coste basse, ma al tempo stesso non fanno che aggravare l’erosione e la vulnerabilità.

Un fattore da tenere in considerazione è poi quello della pressione turistica: i Comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma lo sviluppo incontrollato non fa altro che accentuare la crisi.

Da non sottovalutare anche la salinizzazione dei terreni agricoli: basti pensare che nell’estate del 2023 il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per più di venti chilometri, andando a minacciare seriamente l’agricoltura e la disponibilità dell’acqua potabile.

Le contromisure da adottare per arginare il problema

Claudio Cerretti, il Presidente della Società Geografica Italiana, ha parlato così delle previsioni emerse dal Rapporto “Paesaggi Sommersi”, illustrando anche cosa bisognerebbe fare per poter almeno provare a limitare i danni:

“Occorrerebbe una netta inversione di tendenza – le parole di Cerretti riportate da ‘Repubblica’ – i litorali bassi, le spiagge e i loro retroterra immediati sono, in tutta Italia, edificati o artificializzati. Questo impedisce alle dinamiche naturali qualsiasi possibilità di adattamento a una variazione stabile del livello del mare”.

Cerretti ha proseguito spiegando: “Rinaturalizzare il più possibile è una prospettiva che potrebbe essere efficace. Proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, possibili interventi di mitigazione dei problemi”.