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Salvare la Garisenda: l'idea di chi raddrizzò la Torre di Pisa

L'ingegnere Squeglia, che contribuì alla stabilizzazione della Torre di Pisa, offre il suo punto di vista sull'intervento alla Garisenda di Bologna

Torre della Garisenda

La Torre della Garisenda è uno dei simboli della città di Bologna: si staglia imponente nel centro storico, con i suoi 48 metri di altezza che la rendono quasi “piccina” rispetto alla vicina Torre degli Asinelli (che è invece alta più di 97 metri). È in piedi da oltre 900 anni, diventando patrimonio architettonico non solo dell’Emilia Romagna, ma dell’Italia intera.

Tuttavia, ora sembra essere in pericolo: sono state registrate alcune oscillazioni anomale che hanno messo in allarme gli esperti. Da qui la decisione di transennare la piazza su cui la torre svetta, una chiusura che probabilmente durerà alcuni anni, il tempo necessario per il restauro. Ma in che modo intervenire sulla Garisenda? A parlare è l’esperto che, non molti anni fa, ha contribuito a “raddrizzare” la Torre di Pisa.

Il restauro della Garisenda: le sfide

“Le strutture molto antiche hanno bisogno di cure particolari, come capita alle persone anziane” – ha affermato l’ingegnere Nunziante Squeglia a Repubblica, forte della sua esperienza come membro del comitato che ha lavorato alla stabilizzazione della Torre di Pisa. Le modalità di intervento per restaurare la Garisenda, tuttavia, rappresentano una vera e propria sfida. È infatti importante fare prima una “diagnosi”, ovvero scoprire il motivo alla base delle oscillazioni che si sono verificate nella struttura della torre. Senza questo passaggio, qualsiasi operazione potrebbe rivelarsi non solo inutile, ma persino pericolosa.

È infatti possibile che l’intervento necessario per salvare la Garisenda sia simile a quello utilizzato per la Torre di Pisa: in quest’ultimo caso, gli esperti hanno effettuato un’estrazione controllata di terreno sul lato in cui non vi è la pendenza, riuscendo così a stabilizzare l’edificio. Occorre dunque capire se, anche in questo caso, il problema sia dovuto al terreno o se, al contrario, vi siano altre cause ancora da indagare. In poche parole: “La diagnosi è assolutamente importante, perché altrimenti si sbaglia la cura”.

L’esempio della Torre di Pisa

Qualora le condizioni fossero simili, anche per la Garisenda si potrebbe optare per una soluzione come quella che ha permesso il salvataggio del simbolo di Pisa, la torre pendente. Ma che cosa è accaduto a quest’ultima? Accurati studi avevano mostrato come la struttura fosse in continuo movimento: la sua pendenza stava aumentando di anno in anno, e in un futuro non molto lontano si sarebbe ribaltata. Così, la torre è rimasta chiusa al pubblico per 10 anni (dal 1992 al 2001) per lavori di restauro. Gli esperti hanno agito per diminuire la pendenza, dopo aver scoperto che il problema era causato dal terreno.

“La torre soffriva di un problema di stabilità dell’equilibrio, cioè era ed è ancora oggi troppo alta rispetto a quello che il terreno su cui posa consente di sopportare in termini di stabilità” – ha spiegato l’ingegner Squeglia. Per questo motivo, si è deciso di intervenire con un’estrazione di terreno (ne sono stati spostati ben 37 metri cubi) sul versante in cui non vi era pendenza. “La riduzione di pendenza ha fatto sì che il terreno diventasse più rigido, proprio sfruttando il comportamento meccanico del suolo.

Durante l’intervento, che mai prima era stato realizzato al mondo, sono state naturalmente prese delle speciali misure di sicurezza, per evitare che la Torre di Pisa potesse subire danneggiamenti. “La torre è stata dotata di un sistema di salvaguardia, che consisteva in una coppia di tiranti, in grado di applicare azioni stabilizzanti se necessario”. È dunque chiaro che questa operazione sia un vero esempio per ciò che dovrà accadere alla Torre della Garisenda, e se dovesse emergere un problema nel terreno la via per il futuro intervento sarà già spianata.