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La "selva oscura" di Dante era sui Sibillini: la nuova scoperta

La scoperta di un nuovo documento ha portato alla luce che la "selva oscura" di cui parla Dante nella Divina Commedia potrebbe essere sui Sibillini

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Martina Bressan

Martina Bressan

SEO copywriter e Web Content Editor

Appassionata di viaggi, di trail running e di yoga, ama scoprire nuovi posti e nuove culture. Curiosa, determinata e intraprendente adora leggere ma soprattutto scrivere.

Nuova scoperta su Dante

Dante Alighieri, noto anche come Sommo Poeta, si dice abbia scritto la Divina Commedia mentre si trovava in esilio. Un nuovo documento scoperto di recente proverebbe, però, che il poeta era nelle Marche, nella zona dei Sibillini quando ha iniziato a scrivere la sua opera più celebre.

La “selva oscura” menzionata da Dante Alighieri all’inizio della sua opera, quindi, potrebbe essere stata ispirata ai Monti Sibillini, situati nell’Italia centrale. Questo apre a nuove teorie e offre spunti di riflessione su come il paesaggio e l’ambiente naturale abbiano potuto influenzare la mente creativa di Dante.

Un documento testimonia la presenza di Dante nei Monti Sibillini

“Nel bel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita”. Così comincia il Canto I della Divina Commedia dantesca. La “selva oscura” di cui parla da Dante all’inizio del poema è sempre stata intesa in maniera allegorica come un momento di crisi personale e spirituale. Secondo un documento rinvenuto di recente, però, Dante potrebbe essersi ispirato all’ambiente dei Monti Sibillini e, quindi, a un luogo reale. Nei Monti Sibillini il paesaggio è caratterizzato da foreste fitte, verdi vallate e cime montuose, che avrebbero potuto facilmente evocare l’immagine di una “selva oscura”. Inoltre, la zona è ricca di leggende e miti medievali, come quello della Sibilla Appenninica.

Secondo gli scrittori ed esperti danteschi Rita Monaldi e Francesco Sorti, Dante nel periodo in cui ha scritto la Divina Commedia si trovava proprio nelle Marche e a testimoniarlo c’è un documento che riporta il suo e testimonia la sua presenza lì attorno al 1300. Monaldi e Sorti, infatti, hanno sempre svolto studi approfonditi sul poeta fiorentino e hanno già pubblicato su di lui una trilogia di oltre duemila pagine. L’ultima pubblicazione avvenuta nel 2024 si intitola “Dante di Shakespeare III. Come è duro calle”.

Erano già note in precedenza delle testimonianze che portavano alla luce la presenza di Jacopo Alighieri, figlio di Dante, nelle Marche meridionali ma ora un antico registro di lettere conferma che tra il 1299 e il 1300 anche Dante era nella zona dei Sibillini. I nuovi reperti sono stati individuati presso l’archivio del Comune di San Ginesio, in provincia di Macerata. Questi sono stati pubblicati in esclusiva nell’ultimo numero di Sette del Corriere della Sera.

Le spiegazioni degli scrittori Monaldi e Sorti

Dante Alighieri nei giorni in cui ha scritto la Divina Commedia era nella zona dei Monti Sibillini molto probabilmente perché mandato lì in missione. Rita Monaldi e Francesco Sorti al ‘Corriere della Sera’ hanno spiegato: “In quelle settimane Firenze stava inviando informatori negli stati vicini per scrutare le mosse del suo grande nemico, il tremendo papa Bonifacio VIII che di lì a poco sarà tra i promotori di un golpe nel comune fiorentino e dell’esilio di Dante. Tra le spie inviate da Firenze c’erano amici e compagni di partito particolarmente vicini a Dante. Quindi anch’egli poteva benissimo essere coinvolto in una missione del genere […].”

La scoperta di questo nuovo registro di lettere a San Ginesio va a confermare, quindi, questa teoria che Dante avrebbe cominciato a scrivere la sua famosa Commedia proprio durante un viaggio nelle Marche. Ad ‘Ansa’ Monaldi e Sorti hanno dichiarato: “Il documento è un registro di lettere in cui il poeta fiorentino figura come latore di corrispondenza giudiziaria nell’aprile 1300, proprio nei giorni in cui l’Alighieri nella Commedia ambienta il suo viaggio nell’aldilà. Finora avevamo diversi documenti che nominano esplicitamente Dante. Ma molti sono copie realizzate più tardi, anche dopo secoli. Erano solo 15 gli originali medievali che nominano Dante prima dell’esilio. Ora diventano 16.”