Come il Titan: lo "Squalo Tigre” che scomparve nel lago Maggiore
La storia si ripete: proprio come il Titan, 58 anni fa il sommergibile Squalo Tigre si inabissò nel lago Maggiore, scomparendo per lunghi mesi
La drammatica vicenda del Titan, il sommergibile imploso durante la sua discesa verso il relitto del Titanic, riporta alla mente un episodio forse ormai troppo lontano nel tempo affinché la maggior parte delle persone lo ricordino. Ben 58 anni fa, nelle acque del lago Maggiore si verificò una tragedia simile, durante la quale persero la vita due persone. Scopriamo la storia terribile dello Squalo Tigre e degli uomini che vi erano a bordo.
Lo Squalo Tigre, una storia drammatica
Il 16 gennaio 1965, durante una bella giornata invernale, centinaia di persone si radunano lungo le sponde del Verbano per quello che è un avvenimento unico. Il piccolo sommergibile Squalo Tigre, progettato per alcune brevi immersioni subacquee con una tecnologia all’epoca considerata all’avanguardia, è pronto a calarsi nelle acque del lago Maggiore nei pressi di Tenero, piccola cittadina svizzera sulla foce del fiume Verzasca. Fotografi e cineoperatori si accalcano per seguire l’evento, e alcuni di loro hanno l’opportunità di salire a bordo dello scafo per qualche foto subacquea.
Lo Squalo Tigre, un sommergibile a due posti testato per resistere ai 200 metri (ma assicurato fino ad una profondità di 80 metri), inizia così le sue immersioni E tutto sembra andare per il meglio, sin quando non succede qualcosa di impensabile. Il quarto viaggio è di sola andata: il sommergibile, assieme ai suoi due occupanti (Edoardo De Paoli, l’ingegnere che lo aveva progettato, e il cineoperatore Franco Viganò), scompare nel nulla. Inutili le prime ricerche dei sommozzatori già presenti sul posto, mentre l’allarme si diffonde.
Le autorità locali e diverse associazioni di salvataggio si attivano nelle ore e nei giorni successivi, ma è tutto vano. Nessuno riesce a scorgere la sagoma bianca dello Squalo Tigre, e nel giro di poco tempo le speranze di ritrovare Edoardo e Franco ancora vivi si spegnono definitivamente. Per lunghi mesi le ricerche continuano, senza alcun successo. Fin quando un giorno d’estate, finalmente, fa luce sull’accaduto.
Il ritrovamento dello Squalo Tigre
È il 19 luglio 1965, e sono ormai passati 184 giorni dalla scomparsa dello Squalo Tigre. Quella mattina, Paolo Cozzolino si dedica alle sue immersioni quando, all’improvviso, torna a galla urlando qualcosa di incomprensibile. È lui ad aver ritrovato il sommergibile, che giaceva a meno di 200 metri dal punto in cui di lui si erano perse le tracce, ad appena 30 metri di profondità. La sua sagoma bianca, ricoperta di fango e melma, è riuscita a passare inosservata per tutti quei mesi, eppure era davvero ad un passo dagli occhi di coloro che a lungo l’avevano cercata.
Che cos’è successo davvero
Capire cosa sia successo veramente all’interno del piccolo sommergibile in quei fatali minuti non è stato semplice. Gli esperti di Zurigo coinvolti nell’analisi dello Squalo Tigre non hanno rilevato anomalie o difetti di progettazione e di costruzione. Diverse sono invece le leggerezze commesse da Edoardo De Paoli, il pilota che ha condotto le immersioni. Oltre ad aver lasciato a riva diverse attrezzature importanti, avrebbe dimenticato di aprire le bombole che dovevano erogare aria pulita all’interno del sommergibile.
A causa dell’eccesso di anidride carbonica nei suoi polmoni (Edoardo, d’altronde, era già alla sua quarta immersione in poche ore), il cuore del pilota si è affaticato e l’uomo è entrato in stato confusionale, non riuscendo probabilmente più a guidare lo scafo. I suoi tentativi di riemergere sono stati spazzati via da un attacco cardiaco. E Franco Viganò, rimasto forse lucido più a lungo, non ha potuto fare altro che attendere l’inevitabile intorpidimento creato dall’anidride carbonica, per poi anche lui spegnersi a questo beffardo destino, in qualche modo simile a quello che ha sopraffatto coloro che, nel 2023, volevano soltanto visitare i resti del Titanic.
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