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Anche in Italia si mangia carne di squalo senza saperlo

Anche in Italia mangiamo carne di squalo senza saperlo: l'inchiesta di Marco e Andrea Spinelli, autori del documentario intitolato 'Shark Preyed'

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Silvio Frantellizzi

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Torna d’attualità la questione legata alla carne di squalo presente sul mercato e spesso acquistata senza saperlo da tanti consumatori, anche italiani: ad affrontare il problema è ‘Shark Preyed‘, docufilm di Andrea e Marco Spinelli che denuncia l’ecatombe dei grandi predatori del mare per mano dell’uomo.

Carne di squalo, anche in Italia si mangia senza saperlo

Il documentario ‘Shark Preyed’ porta la firma di Andrea e Marco Spinelli: il primo è un biologo marino, mentre il secondo è un regista e documentarista. Entrambi sono cresciuti con il mare, a partire da quello della Sicilia, regione che gli ha dato i Natali: nel mare siciliano hanno imparato ad amare tutte le sue creature, squali compresi.

Nel docufilm viene affrontato il problema della carne di squalo nel mercato alimentare: in pescheria o sul banco dei supermercati è praticamente difficile trovare un cartellino o un’etichetta con la dicitura “squalo”, né immagini o disegni che richiamino il più grande predatore del mare. Ma la carne degli squali è presente, eccome.

Sono diversi i nomi commerciali utilizzati per indicare la carne di squalo: tra questi troviamo palombo, verdesca e spinarolo. Come detto si tratta di nomi utilizzati a puro scopo commerciale, spendibili a livello di marketing perché risultano più innocui.

Di illegale non c’è nulla, perché la carne che arriva sui banchi è di squali pescati regolarmente, in base alle leggi in vigore in diversi Paesi di tutto il mondo. Il problema è che lo squalo è una specie in forte declino, praticamente ovunque.

Il documentario degli Spinelli racconta a più livelli come lo squalo sia a rischio: dai mercati ittici della Spagna, dove qualche pescatore collabora fornendo informazioni più o meno scottanti, alle profondità del mare, dove i fratelli si sono immersi più volte, nuotando anche a stretto contatto con gli squali.

Il documentario ‘Shark Preyed’

Andrea Spinelli lavora all’Istituto Oceanografico di Valencia, dove segue anche un progetto per il ripopolamento grazie alle uova con embrioni ancora vivi, recuperate dai pescatori durante la pesca a strascico. Le uova vengono fatte schiudere all’interno di una nursery e quando gli esemplari sono grandi abbastanza per affrontare il mare, vengono liberati.

A margine dell’anteprima del docufilm, sul palco della Santeria di Milano, Marco Spinelli ha preso la parola, dichiarando: “Gli squali sono animali stupendi e affascinanti – si legge sul ‘Corriere della Sera’ – e anche se il film può sembrare un’inchiesta sulla carne di squalo, in realtà è soprattutto un omaggio alla bellezza di questo animale”.

Il fratello Andrea, invece, ha spiegato l’importanza degli squali per la biodiversità: “Prendiamo le barriere coralline, se gli squali vengono meno potranno proliferare maggiormente le specie carnivore di dimensioni intermedie. Che si nutrono di quelle erbivore, che saranno di conseguenza decimate. E questo avrà ripercussioni sulle praterie di alghe sui fondali che proliferando soffocheranno i coralli”.

I numeri aiutano a capire meglio la questione: ogni anno vengono pescati almeno 100 milioni di squali in modo regolare, ma si sale a 270 milioni considerando il bacino dell’illegalità e della pesca senza controlli. Limitandosi solo alle catture legali, a livello statistico è come se venissero catturati 200 squali ogni minuto. Il fatturato globale legale della pesca degli squali è stimato in 2,6 miliardi di dollari.