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Le ultime coperte abruzzesi alle pendici della Majella

Lo storico lanificio Merlino di Taranta Peligna è una delle ultime fabbriche in Italia dove si producono pregiate coperte di lana

 

Le ultime coperte abruzzesi alle pendici della Majella Uno degli ultimi lanifici d’Italia, testimonianza di un artigianato di qualità che affonda radici nella tradizione, si trova presso Taranta Peligna, un grazioso comune in provincia di Chieti, parte integrante del Parco Nazionale della Majella. Il lanificio, fabbrica di produzione e filatura di fibra laniera, fu fondato nel 1870 da Vincenzo Merlino. Oggi, a portare avanti la tradizione di famiglia, con orgoglio e dedizione c’è Gaetano, uno degli ultimi artigiani d’Italia capace di trasformare quei filamenti in piccole opere d’arte.

La lavorazione della lana risale al Medioevo, tradizione tessile importata inizialmente dagli angioini e poi dalla Firenze dei Medici. Le tracce di questa attività sono riscontrabili un po’ ovunque, dalle effigie del patrono, san Biagio che la tradizione narra sia stato martirizzato proprio con un attrezzo per cardare la lana fino al nome del paese, la tarantola, animale tessitore per antonomasia.

Nell’antico negozio è possibile acquistare una delle coperte abruzzesi, calde e colorate, che un tempo erano un bene imprescindibile per ogni corredo nuziale. Poco dopo il dopoguerra se ne producevano almeno 400mila l’anno, molte dirette anche verso i mercati esteri, un giro d’affari che garantiva ad almeno 160 persone un lavoro stabile. Oggi invece, nella storica fabbrica di quella vivace attività non c’è più traccia e a portare avanti la tradizione è rimasto soltanto Gaetano Merlino, ultimo custode dell’antico artigianato.

Le ultime coperte abruzzesi alle pendici della Majella Taranta Peligna e gli altri comuni limitrofi sono famosi da secoli per la produzione della lana, un prodotto che non ha mai avuto crisi grazie all’abbondanza di pecore in queste zone, ma anche per la presenza di molto legname, fondamentale per poter far funzionare le caldaie delle tintorie. Anche le erbe necessarie per donare ai tessuti particolari sfumature di colore sono sempre state molto diffuse in questi boschi. Ma è anche merito della transumanza, le tipiche migrazioni stagionali del bestiame, se tecniche, idee e sollecitazioni sono potute venire in contatto e creare un sodalizio virtuoso al servizio della produzione di tessuti ricavati dalla lana.

Taranta Peligna, che si trova proprio a ridosso della via della Lana che univa Firenze e Napoli, è nota per le sue “tarante”, le stoffe di lana nera rozza che attraverso la gualchiera, un particolare macchinario, rendeva la fibra tessile che si ottiene dal vello degli ovini più compatta e resistente, molto ricercata dall’esercito borbonico per realizzare le divise dei propri soldati ma anche per le vele delle imbarcazioni militari.