Tra Piemonte e Lombardia è scoppiata la guerra delle risaie
Tra il Piemonte e la Lombardia è scoppiata la guerra delle risaie per l'emergenza siccità: cosa sta succedendo tra le province di Novara e Pavia
L’emergenza siccità che ha messo in ginocchio diverse regioni in Italia ha scatenato una “guerra” tra i risicoltori tra il Piemonte e la Lombardia, tra il Novarese e la Lomellina. Si tratta di territori confinanti tra di loro, che si riforniscono di acqua dalla stessa fonte, cioè dal canale Cavour che prende poi il nome di diramatore Quintino Sella. Da mesi le risaie di Piemonte e Lombardia patiscono la carenza di acqua, ormai diventata l’”oro blu“. Tutto ciò ha dato il via a un’accesa polemica, finita sulle pagine di ‘La Repubblica’.
La richiesta da Pavia
Il presidente del Consorzio Est Sesia Camillo Colli, produttore di riso nel Pavese, ha raccontato: “Ci mancano 50 metri cubi al secondo di acqua. È un bel po’ di acqua, immagini quanto è in un giorno. L’acqua non ci manca dai ieri o dall’altro ieri, ma da settimane. Questo è il vero dramma. Al di là dei diversi punti di vista”.
L’ente gestisce l’irrigazione e si estende su 5 province e 254 comuni per una superficie di più di 334mila ettari, di cui oltre il 55% in Lombardia e il 45% in Piemonte.
Dagli agricoltori della Lomellina, alla luce dell’emergenza siccità, è partita la richiesta di chiudere le bocche dei canali al fine di fare arrivare un po’ di acqua in più nel pavese, in Lombardia. Il direttore di Confagricoltura Pavia Alberto Lasagna ha spiegato: “È una questione di solidarietà. Il criterio di ripartizione deve essere equo. Lo sappiamo bene che l’acqua non c’è. Se la portata è del 15-20% quest’anno, però, deve essere del 15-20% per tutti. Ora siamo ancora in tempo a salvare una parte del raccolto”.
La risposta da Novara
Il presidente di Confagricoltura Novara Giovanni Chiò ha risposto con un “no” allo stop dell’irrigazione allo scopo di dirottare più acqua verso Pavia. Il rifiuto è stato spiegato così: “Si trovino altre soluzioni. Gli agricoltori di queste terre, vista la situazione, hanno fatto i compiti a casa, rispettando alcune regole che hanno portano a risparmi di acqua”.
Claudio Melano, risicoltore di San Pietro Mosezzo, ha raccontato: “Bastava guardare le Alpi questo inverno per capire. La neve non c’era, cosa poteva arrivare in primavera?”.
A Novara hanno deciso di ridurre la superficie coltivata a riso del 12%, piantando mais o soia, che hanno bisogno di una quantità di acqua inferiore di 50 volte. In Lomellina, invece, tutto è rimasto immutato. Anzi, come spiegato da Melano, “negli anni ’90 e 2000, con la fine delle coltivazioni di pioppi e la trasformazione della zootecnia per colpa delle quote latte, la superficie a riso è aumentata”.
Ancora Melano: “Da noi c’è l’argilla, l’acqua scivola di campo in campo, non va in profondità e se ne usa meno. Da loro è tutta sabbia. Si utilizza molta più acqua”, Per un campo novarese si utilizzano 1,5 litri al secondo per ettaro, mentre per uno in lomellina 4,5 litri al secondo per ettaro. “Dare l’acqua ora vorrebbe dire darla a un morto”, ha chiosato Melano.
Il presidente di Confagricoltura Novara Giovanni Chiò ha aggiunto: “La chiusura totale dell’acqua nel Novarese interromperebbe il flusso nel periodo della fioritura del riso. Vorrebbe dire mettere a rischio il raccolto”.
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