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Anche l'Italia potrebbe avere la sua "montagna sacra"

L’appello di intellettuali e naturalisti per la "montagna sacra" d’Italia: una proposta senza divieti che invita alla tutela e alla contemplazione della natura

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Anche l’Italia potrebbe avere la sua “montagna sacra” dalle cime inviolabili: la proposta arriva da un gruppo di intellettuali e naturalisti che hanno deciso di lanciare l’appello in occasione del centenario dell’istituzione del Parco nazionale Gran Paradiso.

La cima che si propone di far diventare “sacra” è quella del Monveso di Forzo, a 3.322 metri sul livello del mare, “una della più eleganti montagne del vallone di Forzo”, che svetta sulla cresta spartiacque tra Piemonte e Val d’Aosta.

La “montagna sacra”

Non ci saranno i nove saggi di Jodorowsky sulla “montagna sacra” d’Italia. L’iniziativa – firmata tra gli altri da Giuseppe Barbiero, Enrico Camanni, Duccio Canestrini e Guido Dalla Casa – è piuttosto ispirata all’antichissima tradizione delle montagne sacre orientali.

Il Machapuchare in Nepal ed il Kailash tibetano in Cina, per esempio, sono sacri alle culture locali e preclusi all’accesso umano, e recentemente anche l’Uluṟu, o Ayers Rock – il più imponente massiccio roccioso nel cuore rosso dell’Australia – è stato chiuso ai turisti in quanto luogo sacro nella mitologia aborigena del “Tempo del Sogno”.

Nella concezione orientale però la sacralità è intesa in senso religioso, mentre l’iniziativa che vorrebbe rendere sacra la cima del Monveso di Forzo, si legge nel documento diffuso dal comitato promotore “vuole enfatizzare un altro significato”.

“La più antica etimologia del termine”, si legge nell’appello, “indica un luogo elevato e inaccessibile, affascinante, a prescindere dal culto religioso”.

Ed è questo il senso profondo dell’iniziativa: pensare alla montagna come “sacra” significa lasciarla “esclusivamente agli altri, come simbolo affettivo ed emotivo della Natura tutta per il suo valore intrinseco, non in funzione umana”.

La proposta arriva a cento anni dalla data storica in cui venne istituito il Parco nazionale Gran Paradiso, quel 1922 che vide anche l’istituzione, a poche settimane di distanza, del Parco nazionale d’Abruzzo. Una data storica per la tutela della natura, che ha contribuito tra le altre cose in maniera importante alla salvaguardia di specie a rischio come lo stambecco e l’orso marsicano, potenti simboli dei due parchi italiani.

Dalla conquista alla contemplazione

Il centenario del Parco nazionale Gran Paradiso, si legge nel documento, è l’occasione adatta per “far sì che la transizione ecologica non sia solo affidata alla tecnica, ma sia anche e, soprattutto, transizione culturale”.

I firmatari dell’appello sostengono che la storia del Gran Paradiso possa e debba fornire un segnale culturale forte a tutela della natura, che si intende come “un messaggio di responsabilità, nuovo e dirompente, comparabile a quello che, cent’anni orsono, ha significato la sua istituzione”.

La scelta è ricaduta proprio sul Monveso di Forzo per una serie di ragioni ben definite: innanzitutto si tratta di una montagna tra le più iconiche tra le cime alpine, di quelle in grado di restare presenti nell’immaginario collettivo; la cima del Monveso è inoltre una delle aree meno trafficate della zona, in termini di presenza umana.

La proposta infatti non intende produrre divieti, ma consapevolezza: non si tratta di impedire l’accesso alla cima agli alpinisti e ai naturalisti, ma di capovolgere il modello culturale della “conquista” – che si tramuta in “regalo” nel momento in cui si decide, in coscienza, di non interferire con la natura della montagna per “regalarla” a tutti gli altri nella sua forma più pura.

La sacralità è simbolica e risponde al crescente interesse turistico per le aree naturali protette, fenomeno che impone nuove riflessioni in materia di tutela dell’ambiente: secondo l’appello non si tratta di impedire delle attività, ma di nutrire una rinnovata coscienza capace di riconoscere la natura come ambiente a sé stante, ben lontano dall’immagine di “palestra delle proprie attività”.

Il progetto, conclude il documento, “non prevede alcuna interdizione formale, nessun divieto d’accesso, nessuna sanzione pecuniaria per chi non vorrà ‘astenersi’” dalla conquista della cima del Monveso di Forzo: l’impegno a non salire sarà una scelta “suggerita e argomentata”.

Perché i luoghi inviolati possano diventare oggetto di una conquista non più fisica ma spirituale: fonti d’ispirazione e contemplazione per l’umanità intera.