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Anfore marine svelano i segreti del vino dell'Antica Roma

Anfore romane rinvenute a largo della costa laziale suggeriscono come gli antichi romani conservavano e insaporivano il vino

Anfore marine svelano i segreti del vino dell'Antica Roma

Sin dal tempo degli antichi greci alcuni territori della nostra penisola erano conosciuti come “Enotria” per i numerosi vigneti presenti. La tradizione della coltivazione del vino si è poi protratta fino ai nostri giorni ed ora le produzioni vitivinicole italiane sono tra le più famose e apprezzate nel mondo.

Durante gli anni della dominazione romana, però, questa passione per la produzione e la commercializzazione di vino era molto attiva tanto che i romani avevano anche inventato dei metodi per conservare al meglio questo prodotto.

Come i romani conservavano il vino nell’antica Roma: la scoperta

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Avignone, in Francia, ha studiato tre anfore romane che sono state rinvenute nel porto di San Felice Circeo a circa 90 km da Roma.

Per questa ricerca sono stati utilizzati i più moderni strumenti tecnologici combinati a dati e informazioni storiche già note. Secondo quanto si è rilavato dai campioni raccolti dagli studiosi sembra che queste anfore fossero utilizzate per la vinificazione del vino sia rosso che bianco. Inoltre, ricerche in laboratorio hanno confermato che le anfore presentano residui vegetali, resti di polline e una combinazione di diversi agenti chimici.

Un’inchiesta più approfondita ha poi portato alla luce che le anfore conservavano anche del catrame di pino che secondo le più recenti teorie era utile per sigillare e rendere impermeabili le giare. In questo modo il contenuto poteva essere meglio conservato ma anche trasportato. Le novità, però, non sembrano essere terminate. Sulla base di precedenti studi sul vino retsina, un vino bianco di origine greca che veniva aromatizzato tramite l’aggiunta di resina di pino d’Aleppo, gli studiosi pensano che il residuo di pino trovato nelle anfore romane potesse essere stato impiegato anche in questo caso per aromatizzare il prodotto. Dai residui di pino studiati, inoltre, sembra essere abbastanza chiaro che questo speciale ingrediente venisse importato dalla Calabria o dalla Sicilia. Anche il polline presente nelle giare è stato a lungo esaminato e i ricercatori si trovano concordi nel dire che questo proveniva da piante locali coltivate in quest’area del Lazio.

Il ritrovamento e gli studi sulle anfore romane

Nel 2018 consistenti mareggiate invernali hanno permesso di identificare su un fondale vicino al moderno porto di San Felice Circeo un’area ricca di reperti archeologici di origine romana. Dal momento della scoperta la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina ha realizzato diverse indagini archeologiche subacquee per circoscrivere le zone che conservavano questi reperti. I primi studi sugli oggetti rinvenuti hanno portato alla luce che si tratta di reperti ceramici che vanno dal periodo repubblicano attraverso il periodo tardo romano fino a trovare oggetti risalenti al periodo post medievale.

In particolare, le anfore trovate e analizzate dagli studiosi francesi erano giare prodotte e diffuse in tutto il Mediterraneo ed erano utilizzate per la conservazione e il trasporto del vino e dell’olio d’oliva. Per compiere le indagini archeo-botaniche e chimiche sui reperti rinvenuti gli esperti hanno utilizzato le migliori tecnologie moderne che hanno permesso un’analisi approfondita. Solo in questo modo si è riusciti a comprendere come nell’antica Roma conservavano il vino.