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Il Piemonte del vino si spacca: la decisione

Il Piemonte del vino si divide: cosa sta succedendo in una delle aree d'Italia più importanti dal punto di vista della produzione vitivinicola

Barolo

Il nuovo anno è iniziato con un terremoto nel Piemonte Land of Wine, il super consorzio nato nel 2011 per riunire i 14 consorzi più piccoli e che al suo interno ingloba le diverse tipologie di vini piemontesi con l’obiettivo di tutelare le eccellenze locali e promuoverle in Italia e nel mondo.

Piemonte Land of Wine: cosa è successo

Il presidente del super consorzio, Matteo Ascheri, ha deciso di presentare le dimissioni, sostenendo di non condividere più le politiche dell’ente e puntando il dito contro quella che ha definito impossibilità a progettare e attuare attività e strategie di promozioni comuni.

Le sue parole riportate da ‘La Repubblica’: “Abbiamo provato in ogni modo a proporre delle iniziative serie e dei piani di promozione di ampio respiro, ma ce li hanno bocciati tutti, preferendo finanziare eventi che non vanno nella direzione da noi auspicata. Di fronte a due visioni molto diverse sull’immagine e sul futuro del vino piemontese, l’unica soluzione era farsi da parte e proseguire ognuno per la sua strada”.

Si è verificata, quindi, una scissione all’interno del gruppo, visto che Ascheri è anche il presidente del Consorzio tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani: con le sue dimissioni escono dal super consorzio anche i rappresentanti di alcuni tra i vini migliori e conosciuti al mondo, cioè il Barolo e del Barbaresco, seguiti a ruota da quelli del Consorzio del Roero, che hanno intrapreso la stessa strada.

Perché Barolo, Barbaresco e Roero sono usciti dal super consorzio

Le prime spaccature avevano iniziato a manifestarsi nel corso del 2021, l’anno successivo alla pandemia di coronavirus, e sono diventate ufficiali qualche giorno prima della fine dell’anno, contrapponendo di fatto due mondi: da un lato quello del Barolo, del Barbaresco e del Roero, dall’altro quello della Barbera.

Uno scontro tra titani diventato lo specchio delle due visioni differenti, quella albese, portata avanti da cantine medio piccole che puntano tutto sulla qualità e sull’esclusività dei vini, e quella astigiana, dominata di contro da grandi aziende e società cooperative che allargano il raggio d’azione e di vendita del prodotto immettendone sul mercato grandi quantità.

Le visioni differenti avevano portato a scontri e malumori già in passato, soprattutto in occasione di eventi di promozione del patrimonio vitivinicolo piemontese.

La decisione di partecipare al Vinitaly Special Edition dello scorso ottobre, per esempio, aveva accentuato la spaccatura tra chi preferiva centellinare le fiere “mainstream” in favore di eventi ultra locali e chi invece, complice anche la crisi generata dalla pandemia di coronavirus, premeva per allargare il più possibile la presenza a fiere e altri eventi promozionali.

La notizia delle dimissioni di Ascheri e dell’uscita dal super consorzio di Barolo, Barbaresco e Roero ha inevitabilmente suscitato polemiche e anche allarme tra produttori e viticoltori, preoccupati che una decisione “politica” possa ripercuotersi sul settore, sull’immagine e sulle vendite.

Perché è nato Piemonte Land of Wine

Piemonte Land of Wine è nato il 29 luglio 2011 per “offrire ai consorzi di tutela del vino piemontesi un punto d’incontro per confrontarsi, individuare operatività e strategie comuni utili alla promozione del vino piemontese in Italia e nel mondo”, si legge sul sito del super consorzio, che alla nascita riuniva tutti i 14 Consorzi del vino ufficialmente riconosciuti dal Ministero dell’Agricoltura.

Il lavoro del consorzio è la promozione degli oltre 44.000 ettari di vigneto piemontesi, che dalle province di Alessandria, Asti e Cuneo si estendono fino ai piedi delle Alpi, un patrimonio enologico costituito per l’80% dalle 18 Docg e 41 Doc regionali. Si tratta, spiegano ancora da Piemonte Land of Wine, della “prima esperienza italiana di condivisione delle politiche promozionali tra consorzi”. Un’esperienza che, a 10 anni dalla partenza, sembra possa subire una battuta d’arresto.