Il cuore di Palazzo Te risplende col restauro di Amore e Psiche
Dopo trent’anni, il restauro della Camera di Amore e Psiche riporta a nuova luce i colori originali di Palazzo Te, capolavoro rinascimentale di Mantova

Dopo oltre trent’anni, il cuore di Palazzo Te torna a mostrare la sua bellezza originaria: nella celebre Camera di Amore e Psiche, le decorazioni dorate e i colori mitologici hanno riacquistato la loro intensità. Il recente restauro, concluso dopo mesi di lavoro, ha restituito alla dimora mantovana uno dei capolavori più rappresentativi del manierismo italiano, simbolo della fusione tra arte, mito e potere.
Cosa racconta il mito di Amore e Psiche nella Camera di Palazzo Te
Nel cuore della Mantova rinascimentale, Palazzo Te rappresentava il luogo del piacere e dell’evasione per il duca Federico II Gonzaga, che lo commissionò a Giulio Romano nel 1524.
La Camera di Amore e Psiche, interamente affrescata, fu la sala di rappresentanza del principe e lo scenario dell’incontro con l’imperatore Carlo V nel 1530. Durante la Prima guerra mondiale, quando l’edificio venne requisito dall’esercito, fu l’unica stanza a essere protetta, segno del suo valore simbolico e artistico.
Il ciclo pittorico trae ispirazione dalle ‘Metamorfosi’ di Apuleio e si dispiega in ventidue scomparti tra ottagoni e lunette; qui Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello, intrecciò allegoria, sensualità e potenza dei sentimenti umani. La vicenda è nota: la bellezza mortale di Psiche provoca la gelosia di Venere, che la costringe a superare prove impossibili. L’amore, impersonato da Cupido, riesce a salvarla e a ottenere per lei l’immortalità, suggellata dal matrimonio con Amore nel riquadro centrale della volta.
Questa celebrazione del desiderio come forza redentrice nasconde anche un riferimento personale: il legame tra Federico Gonzaga e la sua amante Isabella Boschetti, idealizzato attraverso il mito. Tornata al suo splendore originario, la camera, oltre a essere un trionfo di tecnica pittorica, vuole essere anche una riflessione sul potere dei sentimenti e sulla loro capacità di attraversare i secoli.
Come riportato su ‘La Repubblica’, la restauratrice Marina Negri ha ricordato che “si tratta di una volta composta da strutture lignee, stucchi e pitture a olio a cui hanno lavorato diverse maestranze”.
Ha inoltre spiegato che “studiando la volta e le lunette che compongono il ciclo Amore e Psiche è stato possibile riconoscere l’intervento di più mani e individuare alcuni ripensamenti in corso d’opera. Abbiamo trovato minuscoli tratteggi che potrebbe essere i segni del manico di un poggiapolso usato dagli artisti e, a seconda della direzione dei segni, si può persino ipotizzare se quella porzione di disegno sia stata dipinta da un pittore mancino o destro”.
Come il restauro ha fatto rinascere i colori di Palazzo Te
Per tre mesi le restauratrici Marina Negri e Isotta Lorenzini hanno lavorato sospese a otto metri di altezza, mentre i visitatori osservavano dal basso il lento ritorno dei colori originali: l’operazione, condotta tra luglio e ottobre, non ha infatti mai imposto la chiusura della sala al pubblico.
L’intervento, finanziato dalla Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus con un contributo di 100 mila euro, ha interessato in particolare la volta della stanza, dove il blu del cielo e gli incarnati delle figure hanno ritrovato la loro brillantezza.
Il direttore Stefano Baia Curioni ha definito quello ricevuto “un sostegno generoso che ci ha permesso di riportare alla luce dettagli che altrimenti sarebbero andati perduti”, sottolineando che “il nostro è un lavoro complesso, che deve tenere insieme la conservazione del patrimonio e la rammemorazione per far riemergere quello che sta scomparendo”.
Le indagini multispettrali e le analisi a infrarosso hanno permesso di comprendere le stratificazioni dei materiali accumulati in secoli di storia e di individuare i punti più vulnerabili, proseguendo idealmente il lavoro dell’Istituto Centrale per il Restauro, che nel 1989 aveva eseguito l’ultimo intervento conservativo.
Alla soddisfazione del museo si è unita quella della mecenate Giovanna Zanuso Sacchetti, presidente della Fondazione, che ha affermato: “Seguire i lavori di restauro mi ha fatto riscoprire la bellezza di Palazzo Te. Spero che questo intervento apra nuove prospettive per la ricerca, ma anche che serva da esempio: restauri tempestivi sono indispensabili per evitare che, con il tempo, i costi diventino esorbitanti”.
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