Lombardia: i ristoranti a 2 e 3 stelle Michelin
Due ristoranti a tre stelle Michelin, e quattro con due (tra cui la new entry Vun): viaggio attraverso i migliori ristoranti della Lombardia, secondo la Rossa.
In termini di ristoranti stellati, la Lombardia è la più titolata tra le regioni d’Italia. I suoi numeri? Cinquantacinque ristoranti con una stella, due con tre stelle, e sei con due. E se tutti sanno regalare pranzi e cene che sono delle vere e proprie esperienze di gusto, i ristoranti a tre stelle Michelin portano in tavola piatti che – nel cibo – ci mettono l’arte. A cominciare da un nome storico della ristorazione italiana, il Da Vittorio di Brusaporto (in provincia di Bergamo). Aperto da Vittorio Cerea nel 1966 a Bergamo, e annoverato tra i ristoranti migliori del mondo, dal suo trasferimento nel verde della Cantalupa, a Brusaporto, è parte del circuito Relais&Chateux. Il suo menù, dal motto “tradizione lombarda e genio creativo”, annovera carni e pesce, selvaggina e frutti di mare, tartufi, funghi e proposte vegetariane. In provincia di Mantova, a Canneto sull’Oglio, il tre stelle Michelin Dal Pescatore – immerso nella riserva naturale dell’Oglio Sud – offre piatti in perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, in cui il legame col territorio sposa la creatività. Le ricette sono quelle del passato, ma adattate ai gusti di oggi. In menù vi sono piatti stagionali, ma anche altri che si trovano tutto l’anno: i tortelli di zucca, gli agnolini in brodo, la frittata con le erbe, l’anguilla alle braci.
A Concesio, in provincia di Brescia, Miramonti l’Altro offre percorsi degustativi incentrati su piatti dalle materie prime eccellenti, interpretati in chiave creativa dallo Chef Philippe Lèveillè. L’”Elogio della tradizione” (80 euro a persona) prevede: composta tiepida di polpo e pan brioche con purè di patate, risotto ai funghi e formaggi dolci di montagna, insalata di quaglia con le sue uova in vinaigrette di soia e miele, gelato di crema “Miramonti”. Il percorso “Chez Philippe” (150 euro) serve invece: #Volevoessereunpomodoro! (tartare di gamberi, bufala e gazpacho), Polp fiction (polpo da masticare, patate a paprika), Freddo Freddo di cavolfiore e uova di aringa, calamaro sopracoperta (con fughi e limone), anguilla con miele e cipolla, il mare sottocoperta, lumache fritte e rifritte, parmigiana di melanzane, maialino con purè di nocciole, selezione di formaggi e dolce all’acqua frizzante. Sempre in provincia di Brescia, a Gargnano, Villa Feltrinelli (che è chiuso durante la stagione invernale) si trova all’interno dell’omonimo Grand Hotel. Qui, Stefano Baiocco propone una cucina d’autore, fatta di presentazioni straordinarie, di erbe selezionate, di piatti interpretati con personalità e fantasia: i fiori commestibili, le carni e i pesci, i colori sgargianti si uniscono a creare uno straordinario percorso di gusto.
Gli altri due stelle di Lombardia si trovano tutti a Milano. A cominciare dalla new entry, il Vun, che ha quest’anno conquistato la sua seconda stella. All’interno del Park Hyatt, il ristorante guidato da Andrea Aprea mette in scena piatti semplici, che rispettano la tradizione culinaria italiana, trattandoli però con innovazione e con una tecnica straordinaria. Si può scegliere dal menù alla carta – dove spiccano piatti come le linguine “Selezione Gentile” con estratto di cavolo viola, crescione, burrata e pinoli, oppure il piccione con catalogna, mela Annurca e anice – oppure optare per uno dei percorsi proposti. “Percorsi partenopei” (120 euro a persona), ad esempio, parte dalla Caprese e arriva alla Diplomatica napoletana, passando per piatti come le fettucce ai tartufi di mare e friarielli o come il baccalà.
Sempre a Milano, hanno mantenuto le loro due stelle Il Luogo di Aimo e Nadia e il Seta. Il primo, con la sua storia lunga oltre cinquant’anni, offre piatti della tradizione italiana preparati con le migliori materie prime che il Paese offre. Ci sono i percorsi – il “Grand Tour in Italia” (95 euro a persona) e “Le delizie del luogo” (145 euro) – e c’è il menù alla carta, con piatti come: gli spaghettoni di grano duro con frutti di mare, caciocavallo podolico, pepe nero di Sarawak e limone candito; l’”Omaggio a Milano”, tortelli farciti di ossobuco di Fassone e midollo nel suo ristretto allo zafferano sardo e parmigiano Bonati; o i calamaretti dell’Adriatico in salsa al nero leggermente affumicata con radicchio tardivo di Treviso in agrodolce. Il Seta, all’interno del Mandarin Oriental, è il ristorante italiano guidato da Antonio Guida, che rivisita in chiave moderna classici della tradizione meridionale, con influenze toscane e francesi. Si può scegliere tra le proposte alla carta oppure optare per il menù “Dedica a Milano” (190 euro a persona), che si apre con le ostriche con patate, peperoni friggitelli e salsa allo champagne per poi passare al riso in cagnone con verdure, Maccagno e polvere di lampone, e al petto di piccione farcito con scaloppa al fegato grasso, salsa di pistacchio allo zafferano e rabarbaro. Infine, poco lontano da Milano (a San Pietro all’Olmo, Cornaredo), c’è il D’O di Davide Oldani. Massimo rappresentante della cucina POP, si distingue tra gli altri ristoranti stellati per la sua proposta accessibile, pur rimanendo nell’eccezionale: tutti gli ingredienti, qui, hanno valore. E la stagionalità è fondamentale, così come i contrasti di temperature e consistenze.
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