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La vera Età del Ferro in Sardegna: la nuova teoria

Le scoperte in Sardegna portano una nuova teoria: l'utilizzo del ferro qui sarebbe cominciato molto tempo prima rispetto alla famosa Età del Ferro

La vera età del ferro in Sardegna

Un nuovo dibattito si è aperto in Sardegna, terra che custodisce testimonianze di una storia antica, riguardo l’utilizzo del ferro e dell’arte siderurgica. Stando a delle nuove prove rinvenute nell’isola pare che questo metallo fosse utilizzato molto tempo prima della cosiddetta Età del Ferro.

La vera Età del Ferro scoperta in Sardegna

Il cosiddetto “Sistema delle Tre Età” è un sistema scientifico di periodizzazione della preistoria umana utilizzato per realizzare una linea cronologica delle società che non hanno lasciato testimonianze scritte. Secondo tale teoria, le società umane hanno attraversato tre tappe principali nel loro sviluppo: l’Età del Rame, l’Età del Bronzo e l’Età del Ferro. In particolare, stando agli studi fino ad ora eseguiti l’Età del Ferro sarebbe compresa tra il 950 e 720 a.C. quando si assiste ad un cambiamento nella produzione di manufatti. In questi anni, infatti, il bronzo lascia spazio al ferro.

Delle nuove scoperte avvenute in Sardegna, però, proverebbero come in questo territorio si conoscesse la siderurgia, la tecnica per temprare il ferro, molto tempo prima di quanto pensato sino ad ora. A parlare di questo è Carmine Piras, scultore di metalli di Oristano, che dagli inizi degli anni duemila sostiene che in Sardegna il ferro fosse utilizzato già millenni prima rispetto alla cosiddetta “Età del Ferro”. Le prove a favore della sua teoria risiederebbero nelle famose Domus de Janas, ovvero “le case delle fate”. Le “janas”, infatti, erano delle figure mitologiche che abitavano delle grotte ricavate dai costoni delle alture sarde. In realtà queste grotte erano delle tombe prenuragiche scavate nella roccia più di cinquemila anni fa. In tutta la Sardegna, si contano più di tremila di queste domus che sono un’importante testimonianza della tradizione funeraria del tempo. Dato il loro alto valore le domus de janas sono state anche candidate a Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Secondo Piras proprio la realizzazione di questi sepolcri che venivano scavati anche in minerali molto duri come il granito e il basalto non poteva avvenire con strumenti né di pietra né di bronzo. Piras racconta che con Vittorio Corbani, presidente di Atlantis, e Carlo Delfino di Delfino Editore, la più grande casa editrice sarda, ha esplorato il litorale di Santa Caterina di Pittinuri, piccolo borgo marinaro posto ai piedi del Montiferru per trovare delle prove. Qui sono state trovate particelle composte al 95% di magnetite, ovvero ossido di ferro. Ma non lontano dalla spiaggia, Carmine Piras afferma di aver identificato anche la fornace nuragica per la trasformazione e la lavorazione del ferro.

Le dichiarazioni sulle nuove scoperte

Carmine Piras, lo scultore sardo che insieme a Vittorio Corbani e Carlo Delfino avrebbe scoperto l’utilizzo dell’arte siderurgica in Sardegna ben prima dell’Età del Ferro ha raccontato le sue teorie. Le sue dichiarazioni sono state riprese dal quotidiano ‘La Stampa’ e in merito al fatto che non sono stati ritrovati resti del ferro antico ha spiegato: “In pochi secoli il ferro arrugginisce, si scioglie nell’acqua e sparisce. Il bronzo, no. E il fatto che nelle tombe se ne trovi tanto suggerisce che forse lo usavano anche per dotare il defunto, a scopo simbolico, di strumenti analoghi a quelli in ferro, ma durevoli”.

Per quanto riguarda il ritrovamento della fornace prenuragica sempre ‘La Stampa’ riporta le dichiarazioni di Piras in merito: “Le pareti sono ancora annerite dal fuoco: si notano le condotte di ventilazione forzata e c’è del basalto fuso e, quindi, sapevano andare oltre i 1700 gradi, la temperatura chimicamente riduttiva che serve a temprare il metallo”. Alla richiesta, che spesso gli viene fatta, di portare testimonianze più consistenti e solide Piras risponde che: “l’onere spetta agli altri, quelli che sacrificano l’evidenza alla teoria”.