Acqua, bibite e birra: bollicine in crisi sugli scaffali italiani
La carenza di anidride carbonica ha messo a rischio la presenza di acqua frizzante, bevande gassate e birra sugli scaffali dei supermercati italiani
Non si ferma la crisi delle bollicine sugli scaffali dei supermercati italiani: stavolta, l’allerta riguarda la birra e, in particolare, la birra Menabrea. La carenza di anidride carbonica, però, ha creato problemi a diverse aziende italiane che producono acqua frizzante, bibite gassate e non solo.
Niente anidride carbonica: stop temporaneo alla birra Menabrea
La carenza di anidride carbonica ha portato a uno stop temporaneo nello stabilimento di Biella della birra Menabrea. Lo hanno confermato gli uffici della stessa Menabrea a ‘La Repubblica’, lo scorso 20 settembre: “La carenza di anidride carbonica è un problema anche da noi. Oggi siamo fermi nello stabilimento di Biella, ma domani contiamo di potere ripartire”.
Anche in Italia, quindi, la crisi energetica ha ripercussioni nel comparto della birra, come già emerso nelle scorse settimane. L’incidenza è maggiore nelle preparazioni industriali rispetto a quelle artigianali più piccole, che tendono a impiegare per lo più le bollicine che derivano dal naturale processo di fermentazione. Nella grande industria, invece, si fa generalmente ricorso al biossido di carbonio, anche per tenere l’ossigeno fuori dalla bottiglia.
Pietro Di Pilato, consigliere di Unionbirrai e proprietario del birrificio Brewfist di Codogno, ha spiegato: “Il problema nel settore c’è eccome, anche da noi. Ne risentono meno i birrifici più piccoli perché tendono a non usare anidride carbonica nelle fasi di confezionamento, ma quelli di dimensioni medie e grandi pagano le conseguenze della mancanza di materia prima. Non c’è abbastanza anidride carbonica per tutti. Manca soprattutto nella versione liquida”.
Niente anidride carbonica: le conseguenze su acqua frizzante e bibite gassate
La birra non è l’unica bevanda “a rischio” a causa della carenza di anidride carbonica dovuta alla crisi energetica. Il primo “caso”, a questo proposito, ha riguardato l’acqua frizzante e la sua sparizione dai supermercati italiani: il primo campanello d’allarme, in tal senso, è arrivato a inizio luglio con la decisione di Acqua Sant’Anna, il maggiore produttore europeo di acque oligominerali, di interrompere le linee di produzione dei prodotti gassati proprio per la mancanza di anidride carbonica.
Col passare delle settimane, la situazione non è migliorata particolarmente, tanto che in alcune città, come per esempio Torino, diversi supermercati hanno iniziato a denunciare di essere “a secco” di acqua frizzante a causa delle mancate consegne da parte dei fornitori.
Anche i produttori di bevande gassate hanno iniziato a risentire della mancanza di anidride carbonica. Qualcuno ha ovviato con l’autoproduzione di CO2, come lo stabilimento di Nogara di Coca-Cola Hbc Italia.
La carenza di anidride carbonica ha messo a rischio anche una bevanda simbolo dell’aperitivo italiano: lo spritz. La ricetta originale di questo particolare drink nato in Veneto a cavallo tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, secondo le linee guida dell’International Bartender Association, prevede l’uso di prosecco, Aperol e una spruzzata di soda o seltz. Proprio questo ultimo passaggio nella preparazione dello Spritz è messo in pericolo dalla mancanza di anidride carbonica. I bartender italiani hanno già iniziato ad aguzzare l’ingegno, ideando dei metodi alternativi per completare la preparazione dell’iconico drink italiano divenuto simbolo dell’Aperitivo.
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