A Venezia ci sono dei pesci robot che nuotano nella Darsena
Un folto banco di pesci robot si aggira nelle acque di Venezia per approfondire e registrare la biodiversità
Strane creature si aggirano nella darsena di Venezia, a prima vista hanno l’aspetto di normali pesci, ma a guardarli attentamente ci si accorge che branchie e pinne sono fatti di metallo. Non si tratta di una strana e inquietante invasione aliena, ma di un test finanziato dall’Unione Europea. Il progetto si chiama EU-FET subCULTron ed è finalizzato ad affinare la ricerca sulla biodiversità marina, ma non solo.
Sviluppare e realizzare decine di pesci robotici capaci di interfacciarsi l’uno con l’altro in modo da comportarsi alla stregua di un vero e proprio banco di pesci, come quelli che si muovono in natura.
I robot acquatici hanno lo scopo di testare la qualità delle acque e il tasso di inquinamento che affligge i canali della città più romantica del mondo. I pesci robotici utilizzati sono di tre tipi: ci sono i mitili artificiali, ribattezzati “aMussel” lunghi mezzo metro e pesanti un paio di chili rappresentano una sorta di hard disk dell’intera operazione provvedendo alla memoria collettiva dell’operazione. Durante la fase dimostrativa andata in scena a metà settembre nelle acque dei canali di Venezia, gli aMussel hanno provveduto a raccogliere dati fisici, andando inoltre a individuare agenti biologici come alghe, plancton e pesci.
C’erano poi gli aFish i pesci robot intelligenti che hanno compiti esplorativi e di comunicazione con le altre tipologie di robot. Ogni singolo esemplare cattura una serie di informazioni che poi provvede a comunicare al resto del banco attivando così un comportamento collettivo al resto dei pesci robotici.
Infine l’altra creatura robotica che è stata immessa nelle acque veneziane è l’aPad, una ninfea artificiale su cui sono installati dei pannelli tramite cui è possibile ricaricare gli altri due robot.
L’idea di popolare le acque di Venezia con dei pesci robot è un progetto che coinvolge scienziati di sei paesi differenti, tra cui anche l’Italia che partecipa con Ismar-Cnr, meglio nota come l’Istituto di scienze marine, il consorzio Corila, formato dalle università di Ca Foscari e Iuav di Venezia, l’università di Padova e il Cnr e l’istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale.
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