Palmanova, il borgo a forma di stella
Il borgo di Palmanova a forma di stella a nove punte è un raro esempio di architettura militare, unico al mondo, con una storia tutta da scoprire
Al centro della pianura friulana, tra Udine ed Aquileia, sorge lo scenografico borgo di Palmanova a forma di stella a 9 punte. La sua planimetria geometricamente perfetta, che lo rende unico e riconoscibile in tutto il mondo, ha una storia lunga secoli.
Non stupisce, quindi, che questo gioiello del Friuli-Venezia Giulia sia entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco, nel sito seriale “Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale”, che si trova tra Italia, Croazia e Montenegro.
La storia di Palmanova, il borgo a forma di stella
La pianta poligonale a stella a 9 punte di Palmanova, tra le città fortificate più affascinanti d’Italia, non è frutto del caso, ma è stata realizzata dalla Repubblica di Venezia sulla base di una precisa idea progettuale.
La fondazione della “città stellata” risale al 7 ottobre 1593. Una data simbolica, perché ricordava due avvenimenti importanti: la ricorrenza di Santa Giustina, diventata poi patrona di Palmanova, e l’anniversario della vittoria veneziana sulle forze ottomane nella battaglia di Lepanto, avvenuta il 7 ottobre 1571.
Venezia decise di costruire la nuova fortezza reale al centro della pianura friulana, al fine di rafforzare le difese sul territorio friulano contro le incursioni degli Ottomani e le mire espansionistiche degli Asburgo.
Il progetto fu affidato a una squadra di ingegneri, trattatisti, esperti architetti militari facenti capo all’Ufficio Fortificazioni di Venezia, tra i quali il soprintendente generale Giulio Savorgnan, principale progettista della fortezza.
L’intento era quello di realizzare qualcosa di unico, raggiungendo una perfezione geometrica e matematica senza eguali. È così che è nata la singolare città a forma di stella a nove punte.
Durante il periodo veneto, la fortezza fu dotata di due cerchie di fortificazioni con cortine, bastioni, baluardi, fossato e rivellini. Ciò rese Palmanova impenetrabile per quasi due secoli.
Nel 1797, gli Austriaci la riconquistarono, ma Palmanova finì rapidamente sotto il controllo francese. In questo periodo fu realizzata la terza cerchia di fortificazioni con le lunette napoleoniche, dei baluardi cinti da un fossato a secco che si spingevano ancora di più verso la campagna. Dopo il trattato di Campoformido la fortezza tornò nell’orbita dell’impero austriaco, per poi venire annessa al Regno d’Italia.
Palmanova, il borgo stellato è un museo a cielo aperto
Il borgo di Palmanova è un raro esempio di architettura militare concepita in tre secoli da dominatori diversi.
L’itinerario sul sistema fortificato che circonda la città parte dal Museo Storico Militare di Palmanova, che ha sede sul dongione di Porta Cividale e raccoglie uniformi, cimeli e documenti che raccontano i quattro periodi della storia di Palmanova, dal 1593 alla seconda guerra mondiale: veneziano, napoleonico, austriaco, italiano.
La visita continua poi all’esterno, dove si possono ammirare le antiche fortificazioni a difesa del borgo, con le logge, i bastioni, le polveriere, che fanno della “città stellata” un vero e proprio museo a cielo aperto.
Tra i principali luoghi di interesse di Palmanova, c’è Piazza Grande, dalla forma perfettamente esagonale, sulla quale si affacciano i più importanti edifici della città, tra cui il Duomo, che rappresenta il miglior esempio di architettura veneziana in Friuli.
POTREBBE INTERESSARTI
-
Razzi e missili nel mare della Sardegna: cosa sono i War Games
-
Scoperta in Valtellina, ecosistema fossile di 280 milioni di anni
-
Napoli festeggia i suoi 2500 anni ma la data di nascita è un caso
-
Carbonara a prezzo fisso a Roma: la proposta al Comune
-
A Milano è tornato il "nebiun": cosa sta succedendo e perché
-
Fontana di Trevi, passerella e multa anti monetine: è polemica
-
Nel mare di Gallipoli pescato un pesce scorpione: l'allarme
-
I panettoni più buoni per il Natale 2024 secondo Iginio Massari
-
Allarme nelle Langhe: perché il Barolo è "a rischio"