Napoli, risolto il mistero del coccodrillo del Maschio Angioino
Il coccodrillo del Maschio Angioino di Napoli è stato oggetto di miti e leggende sulla sua esistenza e provenienza: uno studio ha risolto il mistero
Il leggendario coccodrillo che si raccontava frequentasse le segrete del Maschio Angioino per cibarsi dei prigionieri lì rinchiusi è esistito davvero. Recenti esami del DNA hanno confermato la sua esistenza e la sua provenienza.
Le leggende sul coccodrillo del Maschio Angioino
Il Maschio Angioino, noto anche come Castel Nuovo, è una storica fortezza della Campania e uno dei simboli della città di Napoli. Voluto nel XIII secolo da Carlo d’Angiò il Castello ha poi subito le diverse dominazioni che si sono succedute in città. Insolite sono le leggende mitologiche legate a questa fortezza e una tra le più famose è sicuramente quella che riguarda il coccodrillo che è stato per lungo tempo sulla porta d’ingresso del Maschio Angioino. Per secoli in molti hanno dubitato sulla vera esistenza di questo coccodrillo pensando che fosse solo il frutto di racconti popolari. Ma recenti analisi sembrano mettere in luce più informazioni su questo animale.
Una tra le leggende più note attorno a questa storia è quella che riguarda la “Fossa del miglio”. I sotterranei del Castelli, infatti, erano costituiti da due zone: la Fossa del miglio (o Fossa del coccodrillo) e la prigione dei Baroni. Presso la Fossa del miglio il re aragonese Ferdinando I di Napoli (conosciuto anche come Ferrante) faceva rinchiudere i detenuti condannati alle pene più severe. Come raccontato anche dallo storico Benedetto Croce, però, molti dei carcerati qui detenuti scomparivano nel nulla dalla sera alla mattina.
Una volta aumentata la vigilanza per capire cosa succedesse a questi uomini si scoprì che un coccodrillo entrava da un’apertura nel sotterraneo e trascinava in mare i prigionieri per una gamba per poi mangiarli. Fatta questa scoperta, il re decise di far fare questa fine a tutti coloro che voleva condannare a morte senza troppo clamore. Quando i “servizi” del coccodrillo non furono più ritenuti utili si decise di ucciderlo utilizzando come esca una grande coscia di cavallo avvelenata. Una volta morto, il coccodrillo venne impagliato e appeso sulla porta d’ingresso del castello.
Un’altra leggenda sul coccodrillo è stata invece portata avanti da Pompeo Sarnelli in una delle prime “guide turistiche” di Napoli del 1685. Secondo lo scrittore un coccodrillo impagliato fu offerto come ex voto da un soldato di ritorno dall’Egitto alla Madonna del Parto che si trovava custodita nella Cappella Palatina del Castello. Secondo i recenti studi questa sembrerebbe l’ipotesi accreditata.
Il nuovo studio sul coccodrillo del Maschio Angioino
Dopo essere stato esposto per secoli all’entrata del Maschio Angioino, il coccodrillo è rimasto per 150 anni nei depositi del Museo di San Martino di Napoli. Nuovi studi sull’animale sono stati condotti da Vincenzo Caputo Barucchi, ordinario di Anatomia comparata all’università politecnica delle Marche, insieme a Tatiana Fioravanti, Emanuele Casafredda e a un team di esperti dell’Università Federico II di Napoli. Lo studio è stato pubblicato sull’European Zoological Journal.
Le ricerche portate avanti sono state compiute sull’analisi del DNA antico prelevato dalla radice di un dente dell’animale. Gli studi eseguiti hanno permesso di classificare il coccodrillo come Crocodylus niloticus, un genotipo la cui presenza è testimoniata nei pressi del lago Nasser in Egitto. Il metodo del radiocarbonio, invece, ha contribuito a datare l’animale che pare sia esistito in un periodo compreso tra il 1296 e il 1419. Tutte queste nuove informazioni confermerebbero la leggenda dell’ex voto raccontata da Pompeo Sarnelli.
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