Dazi Trump, le regioni e le province d'Italia più a rischio
Dazi di Trump, quali sono le regioni e le province d'Italia più a rischio per via della nuova politica di importazione degli Stati Uniti d'America
Con l’introduzione della nuova politica di dazi da parte del Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, il mercato globale si prepara ad affrontare una vera e propria rivoluzione che metterà a dura prova tanti settori, anche e soprattutto in Italia, visto che gli USA rappresentano il primo partner commerciale del nostro Paese.
Uno studio condotto da ‘Prometeia’ ha stimato che l’Italia potrebbe subire danni fino a 9 miliardi di euro a causa della “guerra commerciale” con gli Stati Uniti. Ci sono regioni che più di altre sarebbero colpite dai dazi, anche se a livello generale è forte il rischio di compromettere i percorsi di crescita delle imprese tricolore negli USA a 360 gradi.
Dazi Trump, le regioni italiane più a rischio
Riguardo le novità dei dazi di Donald Trump, sono stati ventilati due scenari: il primo prevede l’aumento del 10% sui dazi già esistenti, mentre il secondo implica l’introduzione di un dazio generalizzato del 10% su tutto l’import italiano oltreoceano. In entrambi i casi, aziende italiane, settori e interi territori rischiano di subire conseguenze negative.
In base all’analisi condotta da parte di ‘Prometeia’ sul peso specifico degli Stati Uniti d’America come mercato di sblocco per l’export territoriale, in Italia ci sono alcune regioni e province più vulnerabili con l’introduzione dei dazi da parte del Presidente Donald Trump.
In Liguria, per esempio, i dazi di Trump andrebbero a incidere per l’11% sull’export diretto verso gli USA, un mercato che assorbe quasi un terzo delle esportazioni regionali. Conseguenze ancora più rilevanti in settori chiave del territorio ligure, come la cantieristica navale e i prodotti petroliferi.
Si annunciano tempi duri anche per il Molise, regione esporta negli Stati Uniti oltre un quarto del proprio prodotto: a penalizzare il territorio sarebbe in modo particolare l’aggravio dei costi di chimica e automotive, con un’incidenza dei dazi che arriverebbe a toccare quota 11%.
Oltre a Liguria e Molise, tra le regioni più esposte troviamo anche la Campania, l’Umbria, la Basilicata e la Sardegna e in generale quei territori che da qualche anno a questa parte hanno intrapreso un percorso di internazionalizzazione con un contributo costante del mercato a stelle e strisce.
Possibili ripercussioni anche per l’Emilia Romagna, le cui esportazioni verso gli USA sono trainate dalla meccanica e dall’automotive ma abbracciano anche altri settori: piastrelle, chimico-farmaceutico e agroalimentare.
Le province più vulnerabili
Dal punto di vista delle province, sono cinque le aree più vulnerabili: Sassari e Nuoro per il settore lattiero-caseario; Isernia per la chimica; Genova per cantieristica e petrolchimico; Grosseto per l’agroalimentare; Belluno per gli occhiali.
Confcommercio ha condotto poi un’analisi per sondare gli umori di 408 imprese che operano in Lombardia nel settore terziario: dal sondaggio è emerso che per tre imprenditori su quattro, gli eventuali dazi verrebbero risolti con un aumento del 5% dei prezzi al consumo.
In uno degli scenari ipotizzati, l’aumento delle tariffe andrebbe a penalizzare i territori le cui esportazioni verso gli Stati Uniti si concentrano prevalentemente in settori con dazi oggi bassi oppure assenti. Insomma, a prescindere dalle varie ipotesi, il futuro si annuncia quanto meno nebuloso per l’export Made in Italy.
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