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Capraia, dagli abissi spunta un tesoro di vetro di 2mila anni fa

Prima missione italo-francese alla scoperta del relitto romano tra Capraia e Capo Corso: recuperato un tesoro di vetro di duemila anni fa

Capraia, dai fondali emerge un tesoro di vetro di 2mila anni fa

Il relitto, un bastimento di epoca romana che trasportava oggetti in vetro, si trova tra l’isola di Capraia e Capo Corso, a 350 metri di profondità: lo hanno scoperto nel 2012 e soltanto oggi, grazie a una missione congiunta italo-francese, è stato possibile recuperare parte del tesoro che giace sui fondali del Mediterraneo.

Il relitto romano, datato in via preliminare tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., trasportava quasi esclusivamente vetro, allo stato grezzo e lavorato sotto forma di migliaia di preziosi e delicati manufatti, che iniziano oggi a vedere la luce.

La prima missione alla scoperta del relitto di Capo Corso

Si è svolta dal 1 all’8 luglio 2023 la prima campagna della Missione italo-francese per lo studio del “relitto profondo Capo Corso 2”, il nome con cui viene individuato quello che resta dell’antico bastimento scoperto nel 2012 nel tratto di mare fra Capo Corso e l’Isola di Capraia.

Situato a 350 metri di profondità, il relitto romano è una testimonianza particolarmente preziosa dell’epoca antica: come si legge in una nota della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, “si tratta del secondo caso noto fino ad oggi nel Mar Mediterraneo di un naufragio di una nave romana con un carico composto quasi esclusivamente da vetro”.

All’interno del relitto non solo anfore: il vetro era infatti “trasportato sia allo stato grezzo, in diverse tonnellate di blocchi di varie dimensioni, sia lavorato, sotto forma di migliaia di manufatti di vasellame da tavola di vetro soffiato”.

La prima missione congiunta italo-francese nei fondali tra Capraia e Capo Corso ha permesso di recuperare un tesoro inestimabile, perfettamente conservato: “Sono stati recuperati vari oggetti di vetro (bottiglie, piatti, coppette, coppe, un unguentario)”, si legge nella nota, “ma anche due bacili di bronzo e alcune anfore”, che saranno trasportati nel laboratorio della Soprintendenza Nazionale a Taranto per le analisi scientifiche, per la caratterizzazione del degrado biologico e per il restauro.

Il progetto congiunto italo-francese

Scoperto dall’ingegnere Guido Gay nel 2012, il relitto si trova “per qualche centinaio di metri nelle acque territoriali italiane, in una zona in corso di delimitazione tra l’Italia e la Francia”, ed era stato inizialmente dichiarato al Département des recherches archéologiques subaquatiques et sous-marines (DRASSM). L’istituzione francese ha quindi svolto una prima indagine del sito nel 2013 a cui è seguita una missione di documentazione fotogrammetrica nel 2015.

Nel giugno del 2016, “a seguito delle ultime trattative sullo spazio marittimo tra Italia e Francia”, il DRASSM ha segnalato il relitto al Ministero della Cultura italiano, in vista di un progetto di studi congiunto. La firma per l’accordo scientifico tra i due enti nazionali è infine arrivata nell’aprile del 2023.

Il DRASSM ha quindi messo a disposizione la sua nave di ricerca ammiraglia, l’Alfred Merlin, attrezzata con i due ROV (remotely operated vehicle), Hilarion e Arthur: quest’ultimo, uno dei più leggeri e piccoli della sua categoria, ha permesso “non solo di fare delle riprese video ad alta definizione ma anche di ventilare o aspirare il sedimento e recuperare degli oggetti”.

Nel corso della prima missione congiunta, sono state ripulite alcune zone del giacimento per una migliore identificazione dei reperti, che sono stati recuperati “grazie a un sistema ad artiglio, molto delicato, montato sul ROV Arthur”.

Cosa sappiamo sul relitto di Capraia: le prime ipotesi

Quella che si è appena conclusa è stata la prima missione operativa a spingersi così in profondità per studiare il relitto, da annoverare tra i misteri più affascinanti dell’Isola dell’Arcipelago Toscano.

Secondo i primi risultati della campagna di ricerca, la nave romana è databile tra la fine del I secolo e l’inizio del II secolo d.C., ma come precisa la Soprintendenza “lo studio approfondito dei materiali potrà fornire ulteriori precisazioni sulla cronologia del naufragio e maggiori informazioni sulla rotta percorsa dalla nave nel suo ultimo viaggio”.

La prima analisi del carico rimasto sepolto per millenni nelle acque del Mediterraneo ha permesso di formulare le prime ipotesi sulla natura del bastimento, che contiene “anfore ‘a carota’, anfore orientali tra cui delle probabili anfore tipo Beirut e qualche anfora Gauloise 4”, assai comuni in tutto il Mediterraneo.

Visto il tipo di reperti individuati e la quantità di vasellame e blocchi di vetro conservati a bordo, “le archeologhe ritengono che la nave dovesse provenire da un porto del Medio Oriente, forse dal Libano o dalla Siria e che fosse diretta verso la costa provenzale francese”.