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Campi Flegrei, il giallo del magma divide gli esperti: le ipotesi

Il giallo del magma ai Campi Flegrei divide la comunità scientifica: le ipotesi degli esperti riguardo gli episodi di bradisismo in Campania

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Silvio Frantellizzi

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Campi Flegrei, Campania

Il comportamento del magma dei Campi Flegrei è un fenomeno molto difficile da interpretare: gli esperti si chiedono se gli ultimi episodi di bradisismo siano dovuti ai fluidi magmatici o alla risalita del magma.

Il dilemma divide la comunità scientifica: da una parte c’è chi sostiene che allo stato attuale delle cose, non ci sono evidenze della risalita del magma, mentre altri chiedono di verificare l’eventuale esistenza di un trasferimento magmatico dal sistema profondo, circa sette/otto chilometri, verso quello superficiale di quattro chilometri.

Il giallo del magma ai Capi Flegrei

Il vulcanologo Roberto Scandone, già ordinario di Fisica del Vulcanismo a Roma Tre e referente della commissione Grandi rischi, intervenendo a un seminario dell’Ingv intitolato “Il bradisismo ai Campi Flegrei: dinamica di un horst vulcano tettonico” e andato in scena il 14 marzo, a proposito del magma ha dichiarato:

“Io credo che ci sia già il magma, questa è una mia convinzione – le parole di Scandone riportate dal ‘Corriere della Sera’ – credo che tutto questo sia dominato dal magma che sta lì e sta tentando di deformare e, se si aprono le fratture, lui verrà su più o meno velocemente”.

La posizione di Scandone è condivisa anche da parte di Monica Piochi, ricercatrice dell’Ingv che nel corso del seminario, sugli episodi di bradisismo dei Campi Flegrei ha spiegato: “Condivido il fatto che ci possa essere magma a quattro chilometri e che questa risalita viene modulata a seconda delle caratteristiche del magma”.

Giovanni Chiodini, esperto di geochimica dei fluidi nonché dirigente di ricerca dell’Ingv, profondo conoscitore del bradisismo flegreo e autore di 183 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, sul magma ha spiegato:

“Non ho certezze, da anni scrivo che i gas che stanno uscendo ai Campi Flegrei sono di natura magmatica. Questo significa che a una certa profondità, il magma li separa e si decomprime. Per me non esiste una verità accertata ma uno spettro di possibilità”.

La necessità di interventi

Il tema del magma dei Campi Flegrei è stato affrontato anche da Giuseppe Mastrolorenzo, dirigente di ricerca dell’Ingv: “A partire dalla fine degli anni Novanta, ho sviluppato una ipotesi sulla genesi del bradisismo, che riconduce il fenomeno alla progressiva dilatazione del sistema idrotermale, spesso dai tre ai quattro chilometri, al di sotto della superficie della caldera.

Questo processo non richiede la presenza di magma a bassa profondità, ma solo variazioni di flusso di calore o di fluidi derivanti dalla grande camera magmatica, localizzata, verosimilmente, intorno agli otto chilometri di profondità. Non ci sarebbe, quindi, movimento o risalita di magma durante le crisi bradisismiche, ma solo aumento della circolazione dei fluidi e dilatazione delle rocce porose e permeabili”.

Mastrolorenzo ha inoltre specificato che in tutte le eruzioni esplosive dei Campi Flegrei avvenute in passato, il magma è risalito dalla camera magmatica posta a otto chilometri in tempi molto brevi. Per tale motivo il dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha chiesto di non abbassare la guardia:

“Per queste evidenze insisto da tempo sulla necessità di evitare di trarre semplici conclusioni in merito alle correlazioni tra bradisismo ed eruzioni e insisto sull’urgenza di un piano di emergenza di rapidissima attuazione, operativo anche nell’ipotesi peggiore di eruzione in corso, che prescinda che dalle conoscenze scientifiche e dalle diverse ipotesi”.