2100, Italia sott'acqua. L'innalzamento dei mari mette a rischio la Penisola
Dati dell'Enea pessimisti: il cambiamento climatico sta aumentando il livello del Mar Mediterraneo. A rischio spiagge e città costiere
Le coste italiane sono a rischio. Nei prossimi decenni, i contorni della Penisola potrebbero subire un consistente ridimensionamento, divorati dall’avanzata del mare. Principale indagato l’inquinamento. L’innalzamento del livello degli oceani, purtroppo, sta procedendo più velocemente di quanto ci si auspicava. Si calcola che nel corso dei prossimi decenni i livelli dell’acqua potrebbe toccare vette apocalittiche, dati che fanno tremare le città costiere.
In Italia sono 33 le aree a rischio, soprattutto le zone della costa settentrionale del mar Adriatico, tra Trieste e Ravenna. Qui, oltre all’aumento del livello del mare, va calcolata anche il lento e inesorabile inabissamento delle terre che vanno dalla Romagna al Veneto. Non è solo Venezia quindi, già abituata al fenomeno dell’acqua alta, che potrebbe diventare una nuova Atlantide, sono centinaia le città costiere in pericolo.
Non se la passano bene nemmeno al Centro. Qui, a causa dell’aumento del livello delle acque, le pianure della Versilia, di Fiumicino, le Piane Pontina e di Fondi, senza dimenticare quelle del Sele e del Volturno, rischiano di essere inghiottite dalle acque. Anche l’area costiera di Catania in Sicilia e di Cagliari e Oristano in Sardegna potrebbero vedere stravolte le proprie fisionomie.
I dati dell’Enea, agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, parlano chiaro: il Mediterraneo, negli ultimi mille anni, si è innalzato di 30 centimetri. Nei prossimi cento anni è previsto una triplicazione del livello medio. Stime tutt’altro che ottimistiche parlano di una sensibile accelerazione del fenomeno.
Le cause? Sono dovute per lo più al riscaldamento globale causato dall’inquinamento atmosferico. Il conseguente effetto serra riscalda troppo l’atmosfera e a risentirne sono i ghiacci dei poli che si stanno sciogliendo molto più di quanto dovrebbero. Fino ai primi anni ’90 il livello medio globale si è innalzato di 1,7 mm all’anno, in media. Poi un picco quasi raddoppiato, forse conseguente al massiccio aumento di materiali inquinanti immessi nell’aria a causa della massiccia industrializzazione globale. Oggi siamo a quota 3,2 mm di aumento l’anno.
Se tre centimetri possono sembrare poco basta ragionare a lungo termine per capire quali rischi corrono i litorali di tutto il globo: nel corso di pochi anni potremmo vedere divorate le spiagge più belle del mondo e le città che si affacciano sul mare alle prese con periodiche inondazioni. Se poi guardiamo a un futuro ancora più remoto non è difficile immaginare città e paesi costieri scomparire del tutto tra i flutti.
Soluzioni? Secondo alcuni scienziati siamo ancora in tempo per invertire la rovinosa tendenza, ma è necessaria una politica globale che punti alla diminuzione dei materiali inquinanti nell’atmosfera. Un’impresa resa più difficoltosa dalle recenti politiche internazionali, come quella del nuovo presidente degli Stati Uniti Donal Trump, che intende affidarsi nuovamente al carbone, uno dei materiali più inquinanti del mondo.
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