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Terremoto in Italia: l'Appennino si sta "stirando". Che significa

Terremoti in Italia, anche lo sciame sismico del Mugello causato dal fenomeno dello “stiramento dell’Appennino”: cosa sta succedendo

Le scosse di terremoto che hanno svegliato Toscana e Romagna all’alba di lunedì 18 settembre 2023 sono un effetto dello “stiramento” dell’Appennino, un movimento naturale che coinvolge tutta la dorsale e che è all’origine di altri episodi sismici registrati negli ultimi anni, incluso il drammatico terremoto di Norcia e Amatrice.

Terremoto in Toscana: attivata una faglia distensiva

All’origine della forte scossa di terremoto che ha spaventato gli abitanti di Toscana e Romagna, c’è l’attivazione di una faglia lunga alcuni chilometri. Lo spiega Davide Piccinini, sismologo primo ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sezione di Pisa, al ‘Corriere’.

La scossa più forte, di magnitudo 4.9, si è originata all’alba di lunedì 18 settembre a Marradi (Firenze), a una profondità di 8,4 chilometri. Sono seguite, soltanto nella giornata di lunedì, circa 160 scosse successive, “di cui 25 di magnitudo superiore a 2.0”. A provocare il movimento della terra, spiega l’esperto, è stata l’attivazione di una faglia definita “normale”, piuttosto “frequente nell’Appennino centro-settentrionale”.

Si tratta di una faglia di tipo distensivo, cioè di quelle che provocano il ribassamento di un’area a seguito di uno “stiramento” dovuto al graduale allontanarsi di due placche: “Dipende dai movimenti della placca Adriatica, che trascina con sé la parte esterna della catena appenninica”, spiega Piccinini al ‘Corriere’.

La placca Adriatica e la causa dei terremoti in Italia

La placca Adriatica, o placca Apula, è “una sorta di promontorio della più grande placca Africana che si è insinuata all’interno di quella Euroasiatica”. Il suo movimento, in direzione Nord-Est con una lieve rotazione antioraria, è quello che ha causato l’innalzamento delle cime più suggestive delle Alpi e che oggi sta facendo restringere l’Adriatico a una velocità di diversi millimetri ogni anno.

In Italia ogni anno avvengono alcune migliaia di terremoti di magnitudo compresa tra 3.0 e 4.0”, ricorda l’esperto dell’Ingv, “e qualche decina di magnitudo superiore a 4.0”.

La Penisola è quasi interamente attraversata dal confine fisico tra due macro placche tettoniche, quella Africana e quella Eurasiatica, in collisione tra di loro. Nello specifico, gli Appennini vengono “stirati” in un movimento che li porta a scivolare al di sotto della Placca Adriatica, a sua volta in movimento. “È come se il Mar Tirreno tirasse da una parte e il Mar Adriatico dall’altra“, aveva spiegato la sismologa Luisa Valoroso dopo il sisma di Umbertide (Perugia) del 9 marzo 2023.

Terremoti in Italia: cos’è lo “stiramento” dell’Appennino

La grande placca Africana si sta muovendo verso nord, premendo su quella Eurasiatica. Al loro punto di contatto, queste due grandi placche si fanno più piccole e frammentarie. Mentre la costa albanese si sposta verso ovest di 4,10 mm l’anno, la costa adriatica spinge verso est al ritmo di 1-2 mmm ogni anno.

Nel frattempo, l’Appennino scorre al di sotto della Placca Adriatica, distendendosi. “A Nord, come in Friuli, ci sono movimenti di compressione, sui lati movimenti di distensione-stiramento come in Mugello”, spiega Piccinini.

Ciò non significa che i terremoti siano collegati: lo sciame sismico in corso da mesi sulle coste marchigiane è un terremoto del tutto diverso. “Quello del Mugello è stato un terremoto distensivo, quelli in Adriatico, come quello dell’Emilia del 2012, sono terremoti di tipo compressivo”.

L’origine del sisma del Mugello è la stessa dei drammatici terremoti di Norcia e Amatrice: tutti questi fenomeni sono causati dai movimenti della placca Adriatica, “ma non ci sono relazioni di causa-effetto”, precisa l’esperto. “I terremoti di Norcia e Amatrice sono avvenuti su faglie completamente diverse, non collegate con quella che si è attivata nel Mugello. Non c’è alcuna relazione nemmeno con i terremoti della Turchia e del Marocco”, conclude l’esperto.