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Spiaggia La Pelosa di Stintino: scoperta la causa dell'erosione

La causa dell'erosione della spiaggia La Pelosa a Stintino in Sardegna è stata scoperta da un team di ricercatori: i dettagli del nuovo studio

Stintino

La causa dell’erosione della spiaggia La Pelosa a Stintino, in Sardegna, è stata scoperta. O, per meglio dire, sono state scoperte le differenti cause che contribuiscono a questo particolare fenomeno in una delle spiagge più iconiche della Sardegna.

Il merito di questa recente scoperta è di un team di ricercatori di Cnr, Università di Sassari e di Cagliari ed Enea, che hanno sviluppato un modello innovativo per comprendere la circolazione marina, l’evoluzione delle spiagge e indagare in questo modo le cause dell’erosione costiera, in particolar modo nel mar Mediterraneo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale “Geological Society Publications”.

Quali sono le cause dell’erosione della spiaggia La Pelosa

I ricercatori hanno concentrato la loro analisi sullo Stretto degli Asinelli, che separa il mare della Sardegna dal golfo dell’Asinara. Il fondale, qui, è “caratterizzato da una complessa e intrecciata distribuzione di rocce, sabbia, prateria di Posidonia oceanica e mutevoli sistemi di dune sottomarine”.

A proposito dei motivi dei cambiamenti che, da anni, interessano La Pelosa, i ricercatori, in alcune dichiarazioni riportate da ‘L’Unione Sarda’, hanno spiegato: “La sua estensione e la sua forma variano in base all’innalzamento del livello del mare, alla prateria sottomarina di Posidonia, ma anche al regime dei venti. Quest’ultimo può generare la perdita di sabbia dalla spiaggia quando i granelli vengono trasportati a ovest, verso un canalone che li fa depositare a una profondità di 15-30 metri, da dove poi non riescono più a risalire”.

Il modello elaborato dai ricercatori

La particolarità del modello elaborato dai ricercatori, è stato spiegato, risiede nel fatto di riuscire a “combinare analisi del vento e del moto ondoso, indagini subacquee, sensoristica, interpretazioni di foto aeree, ma anche scansioni del fondale con prospezioni geofisiche e implementazione di modelli numerici ad alta risoluzione”.

Oltre alla comprensione del comportamento degli stretti marini, paragonabili a vere e proprie ‘vie d’acqua’ che mettono in collegamento diversi bacini, il modello permette, inoltre, “di studiare la circolazione dei sedimenti in condizioni di basse oscillazioni di marea dove il regime dei venti, mutevole per effetto dei cambiamenti climatici, è il primo responsabile delle dinamiche ambientali”.

Perché la scoperta è importante

Stefano Andreucci dell’Università di Cagliari, primo autore del lavoro, ha spiegato che “la comprensione degli stretti e dei collegamenti tra diversi bacini è fondamentale per i sistemi deposizionali sedimentari attuali, per le ricostruzioni geologiche regionali e per l’evoluzione tettonica e paleogeografica su larga scala e a lungo termine”.

Secondo Vincenzo Pascucci, dell’Università di Sassari, “la comprensione dei processi che interessano lo stretto tra la Sardegna e l’Isola dell’Asinara è importante per l’interesse e il valore economico della spiaggia di Stintino, ma anche per il completamento del Foglio Geologico della zona che si sta completando”. L’esperto ha aggiunto: “La nostra università ha investito notevoli risorse, umane ed economiche negli ultimi 20 anni per acquisire dati nell’ambito di diversi progetti di ricerca che hanno consentito di raccogliere molte informazioni nell’area di studio”.