Scoperto l'"atelier" dell'Homo Sapiens in una grotta del Salento
Scoperta in Salento: nella Grotta del Cavallo di Nardò, è venuto alla luce quello che può essere considerato il primo "atelier" dell'Homo Sapiens.
In una grotta in Salento è stato scoperto l’atelier dell’Homo Sapiens: gli archeologi delle Università di Siena e Bologna hanno ritrovato 600 gioielli fatti di conchiglie.
Lo studio condotto presso la Grotta del Cavallo di Nardò ha svelato l’esistenza di quella che può essere considerata come la più antica boutique di tutta Europa: un tesoro composto da conchiglie cave usate per realizzare gioielli.
L’atelier messo in piedi dall’Homo Sapiens si trova sul fondo del mar Ionio. Al suo interno le conchiglie che venivano legate tra di loro con un filo di crine, diventando collane e bracciali. In base agli studi condotti, le conchiglie venivano anche dipinte con colori vivaci: su alcune, a distanza di migliaia di anni, sono state ritrovate ancora delle tracce di una polvere rossa, molto probabilmente ocra.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Siena e dell’Università di Bologna, quest’ultima inserita nella classifica THE 2023 dei migliori atenei al mondo, hanno pubblicato uno studio intitolato “Retrodatazione della produzione sistematica di ornamenti in conchiglia in Europa a 45mila anni fa”.
Scoperto un “atelier” nella Grotta del Cavallo di Nardò
Lo studio documenta la presenza di oltre 600 oggetti legati al decoro personale sul versante ionico del Salento a Nardò, dove si trova la famosa Grotta del Cavallo. Così è stata spiegata quella che viene considerata la prima percezione estetica degli uomini moderni. L’Homo Sapiens usava conchiglie di diverso tipo: scafopodi, bivalvi e gasteropodi, andando a forarle e legarle attraverso un filo.
I tanti reperti trovati nella Grotta del Cavallo di Nardò mostrano la produzione di oggetti a scopi ornamentali e una certa tendenza all’uniformità nel tempo, sia nella forma che nelle dimensioni. Sulla base dell’intervallo temporale degli strati di interesse è possibile affermare che si tratta del primo contesto di fabbricazione di ornamenti in conchiglia di tutto il Vecchio Continente.
Al tempo, solitamente, i gusci venivano utilizzati per adornare il corpo degli uomini giunti dall’Africa nel corso delle prime migrazioni effettuate dai Sapiens. Poter indossare una collana di conchiglie, dunque, rappresentava uno status e non era solo una manifestazione di ostentazione, ma anche uno dei primi segnali di un pensiero simbolico della specie umana.
Gli studiosi, analizzando quanto ritrovato a Nardò, hanno di fronte la prova dello sviluppo cognitivo d delle espressioni simboliche riconosciute nelle attività dell’uomo moderno. Le collane diventano uno strumento essenziale per spiegare in che modo un ornamento personale possa aiutare a comprendere l’evoluzione dell’umanità, al di là della sola prospettiva biologica.
Lo studio sui reperti di Nardò è stato effettuato attraverso macchinari all’avanguardia. Le ricerche lasciano la porta aperta a ulteriori sviluppi: gli studiosi, infatti, cercheranno di capire la tecnica usata per realizzare i buchi sulle conchiglie attraverso i quali veniva poi fatto passare il filo di crine.
La Grotta del Cavallo di Nardò aveva già portato a grandi rivelazioni: qui, per esempio, è stato scoperto che i primi uomini europei cacciavano con l’arco e la freccia già 40.000 anni fa. Restando in Salento, nel corso del 2022 attraverso Google Maps è stato scoperto un volto umano disegnato dalla scogliera di Porto Selvaggio, sulla costa ionica della Puglia.
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