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Le bustine di zucchero stanno facendo "litigare" l'Italia e la Ue

Le bustine di zucchero stanno facendo "litigare" l'Italia e l'Unione Europea che ha varato la rivoluzione del packaging in nome della sostenibilità

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Bustine zucchero: scontro Italia-Ue

L’Italia e l’Unione Europea stanno “litigando” per le bustine di zucchero: l’Ue, infatti, sta preparando una rivoluzione del packaging seguendo la strada della sostenibilità che prevede l’addio alle confezioni monouso. Alcune Nazioni, però, non sono d’accordo: tra queste l’Italia e la Francia.

L’Italia e l’Unione Europea “litigano” per le bustine di zucchero

Entro il 2030, l’Unione Europea prevede che il 20% delle bevande take-away fredde e calde dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili oppure con bicchieri e borracce portate direttamente dai clienti. L’obiettivo, entro il 2040, è di arrivare all’80%.

Il target per i piatti pronti da asporti dei ristoranti è del 10% da qui al 2030 e del 40% entro il 2040, mentre anche i colossi delle consegne a domicilio dovranno adeguarsi, raggiungendo il traguardo del 10% di riuso nel 2030 e del 50% nel 2040.

La volontà dell’Unione Europea, che ha stabilito che si può chiamare Pizza Napoletana solo il prodotto conforme al disciplinare di produzione registrato con il marchio STG, è quella di bandire le confezioni monouso utilizzate nei bar e nei ristoranti, oltre a dire addio anche ai flaconcini di shampoo e sapone negli hotel. L’Italia e la Francia non sono d’accordo al 100% sugli obiettivi dell’Ue e promettono di dare battaglia al tavolo dei negoziati.

Come riferito da TgCom24, l’ex numero uno di Confindustria, Antonio D’Amato, ha tacciato la Commissione europea di “populismo e demagogia”. Le crepe tra Bruxelles e Roma si allargano anche alle emissioni di CO2, con il governo italiano che boccia l’accordo per inglobare il settore marittimo.

C’è un vero e proprio scontro sui rifiuti da imballaggio che si consuma sul campo della dicotomia tra riuso e riciclo: l’Italia, infatti, è uno dei Paesi più virtuosi del riciclo in tutta l’Unione Europea e da anni porta avanti il progetto Comuni “Ricicloni”. Nel frattempo l’Ue, in occasione della giornata “verde” europea, ha lanciato un’etichetta di sostenibilità per le plastiche biodegradabili.

La rivoluzione del packaging dell’Unione Europea: gli obiettivi

Secondo le cifre riportate da Palazzo Berlaymont, l’edificio istituzionale di Bruxelles sede della Commissione europea,  nel 2020 ogni cittadino del Vecchio Continente ha generato quasi 180 chili di rifiuti: i principali colpevoli di questi dati sono la carta e il cartone, con 32,7 milioni di tonnellate prodotte nel giro di un anno.

Numeri alti anche per la plastica e per il vetro con 15 milioni di tonnellate di rifiuti a testa nel 2020. Senza interventi mirati da parte del reparto di Politiche ambientali dell’Unione Europea, si stima che nei prossimo otto anni gli scarti da imballaggio aumenterebbero del 19%. Scenario peggiore per la plastica che rischia di aumentare del 46% da qui al 2030.

Con la rivoluzione del packaging, dunque, bisognerà dire addio alle confezioni monouso di zucchero dei bar e ai classici flaconcini di shampoo degli alberghi. Salve, per il momento, le bottiglie di vino, grazie ai sistemi di vuoto a rendere che sono molto amati dai Paesi del Nord Europa.

Per i nuovi imballaggi di plastica, inoltre, è prevista una quota obbligatoria minima del 30% di contenuto riciclato. La rivoluzione del packaging, secondo le previsioni, dovrebbe consentire all’Unione Europea di ridurre la spazzatura pro-capite di ogni Paese del 15% entro il 2040.