Il mistero del Cristo Velato di Napoli
La scultura più famosa al mondo alimenta da secoli leggende popolari sulla figura del committente, Raimondo di Sangro. Ma un documento svela l'arcano
Fin dal Settecento, il Cristo Velato custodito nella Cappella Sansevero di Napoli attira estimatori e turisti da ogni parte del mondo, soprattutto per l’incredibile trasparenza del sudario che da secoli ha alimentato numerose leggende sul committente della scultura.
Realizzata nel 1753, l’opera è considerata uno dei maggiori capolavori scultorei mondiali, tanto che Antonio Canova dichiarò che sarebbe stato disposto a dare persino dieci anni della propria vita pur di essere stato l’autore di una simile meraviglia.
A rendere il Cristo Velato una scultura unica nel suo genere è soprattutto l’incredibile trasparenza del sudario. Nel corso dei secoli, la prodigiosa tessitura del velo marmoreo, che lascia stupiti osservatori e studiosi, è stata avvolta nel più fitto mistero. Stando ad una leggenda popolare, il committente dell’opera, Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, nonché famoso scienziato e alchimista, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo.
Per oltre duecentocinquant’anni, si è erroneamente creduto che l’incredibile trasparenza del sudario fosse dunque il frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione”, effettuato dal principe che avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo che nel tempo si sarebbe marmorizzato attraverso un processo chimico, dando vita all’opera d’arte così come la conosciamo oggi.
Studi scrupolosi, insieme ai vari documenti coevi alla realizzazione del Cristo Velato, hanno però svelato il mistero: Giuseppe Sanmartino avrebbe in realtà lavorato su un unico blocco di marmo. In un documento, datato 16 dicembre 1752 e conservato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, è riportato un acconto di cinquanta ducati a favore dell’artista napoletano, firmato da Raimondo di Sangro (il costo complessivo della statua ammonterà a cinquecento ducati). Nel contratto, il principe scrive: “E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo”.
Inoltre, in alcune lettere spedite al fisico Jean-Antoine Nollet e all’accademico della Crusca Giovanni Giraldi, Raimondo di Sangro descrive il sudario trasparente come “realizzato dallo stesso blocco della statua”, mentre più in là il biografo settecentesco del principe, Giangiuseppe Origlia, avrebbe specificato che il Cristo è “tutto ricoverto d’un lenzuolo di velo trasparente dello stesso marmo”. La leggenda, però, è ancora dura a morire e tutt’oggi l’incredibile trasparenza del sudario non fa che alimentarla.
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