Giove è a forma di pera, lo dicono i matematici di Pisa
Il più grande pianeta del sistema solare è a forma di pera. La scoperta dell'università di Pisa analizzando i dati sulla gravità
Dimenticatevi della forma sferica. Giove, il più grande dei pianeti del sistema solare, in realtà è a forma di pera. La scoperta è tutta italiana, colta da due matematici dell’Università di Pisa che attraverso accurati calcoli sono riusciti a svelare alcuni dei più reconditi misteri che orbitano attorno al pianeta che porta il nome del padre degli dei. Il colosso dello spazio, più grande della terra di 11 volte ha una forma non regolare, tutt’altro che sferica. La conclusione è stata colta a seguito di approfonditi studi che hanno tentato di cogliere la struttura interna del pianeta e incrociando i dati sulla gravità catturati dalle strumentazioni della sonda Juno della Nasa lanciata nel giugno del 2011 e che ha raggiunto l’orbita del quinto pianeta in ordine di distanza da Sole dopo 5 anni di lungo viaggio interspaziale.
Lo studio, che ha colto di sorpresa astronomi e appassionati di materie interstellari, è stato presentato sulla rivista Nature da Andrea Milani e Daniele Serra, gli italianissimi autori della scoperta che ha suscitato grande curiosità nel mondo accademico internazionale.
Grazie allo sviluppo di un software all’avanguardia i due matematici sono riusciti a determinare con un’accuratezza mai sperimentata prima, almeno mille volte più precisa rispetto al passato, le diverse componenti della gravità del colossale pianeta. L’analisi dei dati ha così potuto stabilire che nei pressi dell’equatore Giove ha una distribuzione differente della massa che rende il pianeta non sferico, ma asimmetrico simile nella forma più a una pera che a una palla.
L’emisfero Nord ha una distribuzione della massa differente rispetto all’emisfero Sud, quest’ ultimo può contare su una maggiore concentrazione di materiale mentre l’emisfero Nord ne è un po’ meno provvisto. La scoperta è il frutto della sinergia tra l’università La Sapienza di Roma, l’università di Forlì e il Jet Propulsion Laboratory della Nasa che controlla le operazioni della sonda Juno che nei primi mesi del 2018 dovrebbe concludere la propria missione.
L’analisi dei dati, coadiuvata dalla partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana ha permesso inoltre di calcolare quanto siano profondi i venti che spirano sulla superficie di Giove che in alcune zone, come quella della macchia rossa del grande pianeta, può raggiungere anche i 360 km/h.
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