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Delitti italiani, il mistero del Caso Cesaroni di via Poma

Delitti italiani, il caso di Simonetta Cesaroni, la donna assassinata nel 1990 in uno stabile di via Poma a Roma: un mistero lungo più di trent'anni

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Silvio Frantellizzi

Silvio Frantellizzi

Giornalista

Giornalista pubblicista. Da oltre dieci anni si occupa di informazione sul web, scrivendo di sport, attualità, cronaca, motori, spettacolo e videogame.

Tra i delitti italiani avvenuti d’estate, uno dei più controversi è stato quello di via Poma: risale al 7 agosto del 1990, giorno in cui venne uccisa Simonetta Cesaroni.

Delitto di via Carlo Poma: l’omicidio di Simonetta Cesaroni

Nata il 5 novembre del 1969, Simonetta Cesaroni viveva a Roma nel quartiere Don Bosco: all’età di 21 anni aveva trovato lavoro come segretaria contabile presso la Reli Sas, uno studio commerciale.

Era un caldo pomeriggio estivo quando il corpo di Simonetta Cesaroni venne ritrovato senza vita all’interno di un appartamento situato al terzo piano del complesso di via Carlo Poma n. 2, nel Quartiere Della Vittoria a Roma.

La Cesaroni venne colpita al volto e tramortita con un manrovescio, per poi essere gettata a terra: qualcuno si mise in ginocchio sopra di lei premendo i fianchi con le ginocchia, usando tanta forza da lasciarle degli ematomi. Un colpo alla testa fece svenire Simonetta e l‘assassino iniziò a pugnalarla a ripetizione, forse con un tagliacarte. Alla fine saranno 29 i colpi inferti alla donna, ciascuno di circa 11 centimetri di profondità.

Alcuni abiti di Simonetta vennero portati via assieme a diversi effetti personali mai più ritrovati, come orecchini, un bracciale e un girocollo d’oro, mentre l’orologio le venne lasciato al polso. La donna fu lasciata nuda con un top appoggiato sul ventre a coprire le ferite mortali, quelle più gravi: addosso vennero lasciati i calzini bianchi corti, mentre le scarpe da ginnastica furono riposte ordinatamente vicino alla porta. Portate via le chiavi dell’ufficio che aveva nella borsa.

Le indagini dopo l’omicidio e i sospettati

Sul luogo del delitto il primo ad arrivare fu il vicequestore Sergio Costa: nel primissimo sopralluogo la donna venne trovata parzialmente svestita, con numerosi segni di armi da taglio intrisi di sangue e colpi su cuore, aorta, fegato, giugulare e occhi.

L’autopsia certificò che la vittima riportava diverse ferite da taglio che ne causarono la morte tra le ore 18 e 18 e 30. Furono diversi i sospettati dell’omicidio, a cominciare da Pietrino Vanacore, portiere dello stabile dove avvenne il delitto.

Le indagini si concentrarono anche su Salvatore Volponi, datore di lavoro della vittima, e su Federico Valle, il cui nonno Cesare, progettista del complesso, risiedeva nello stabile dove avvenne il misfatto. Successivamente tra i sospettati finì anche Raniero Busco, il fidanzato della vittima: tutti, però, furono scagionati dalle accuse.

Un caso irrisolto

In oltre trent’anni di indagini, il caso del delitto di via Carlo Poma non è mai stato risolto. La vicenda avvenuta nella Capitale attirò un grande interesse da parte dell’opinione pubblica con libri, trasmissioni televisive e anche un lungometraggio tv.

Il caso, per l’opinione pubblica, è stato segnato da gravi errori che hanno compromesso le indagini, impedendo di scoprire l’autore dell”omicidio. Sono diversi i misteri legati alla vicenda: oltre al none dell’assassino, non si è mai avuta certezza del movente, dell’arma del delitto e nemmeno di chi era presente nel comprensorio di via Poma al momento del delitto.

Non è mai stato chiarito se l’omicidio, avvenuto un anno prima del delitto dell’Olgiata, sia stato mosso da ragioni passionali e quindi attuato da qualcuno che Simonetta conosceva bene, oppure se si sia trattato di un delitto casuale, attuato per ragioni istintive da qualcuno che la vittima non conosceva.