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A Vulci è stata scoperta la tomba della "ragazza della birra"

Nel Parco archeologico di Vulci è stata scoperta una tomba rimasta inviolata per 2600 anni che potrebbe appartenere alla "ragazza della birra"

Vulci

Nuova suggestiva scoperta nel Parco archeologico di Vulci: inviolata da 2600 anni, nella necropoli dell’Osteria è apparsa la tomba di una donna con lo scheletro ancora preservato e oggetti rarissimi, datata nella prima metà del VI secolo a.C. Stando alle prime ipotesi formulate sul ritrovamento, potrebbe trattarsi della ragazza addetta alla mescita del vino o della birra.

Nuova scoperta a Vulci: le parole dell’esperto

Carlo Casi, a capo dell’equipe della Fondazione Vulci che sta lavorando per analizzare i reperti e avviare l’opera di restauro, ha dichiarato a ‘Il Messaggero’: “La nostra tomba è molto importante perché intatta e questo ci consente di poter ricostruire l’identikit del defunto”.

L’attenzione è stata catturata da un reperto in particolare. Ancora Casi: “Non è un oggetto unico, ma molto raro. È un balsamario in faience, probabilmente egiziano, e rappresenta una figura femminile con la tipica acconciatura e un mantello di pelle maculata, forse di leopardo, allacciato sotto il collo. La donna è accosciata e regge con le gambe un grande vaso, che parrebbe chiuso con un lembo di pelle. Siamo di fronte a un pezzo di grande rarità“.

Per quanto riguarda lo scheletro, l’esperto ha detto: “Le ossa sono ancora in connessione anatomica e, a una prima analisi, sembra essere appartenuto a una giovane donna di circa 20 anni, alta quasi un metro e settanta centimetri. Indossava una collana in ambra”.

Sul corredo funebre ha aggiunto: “Il corredo funebre d’accompagno consiste in una grande olla, chiusa da coppa di stile ionico, da un attingitoio, una oinochoe, cioè una brocca, e da un kyatos: tutti e tre, quest’ultimi, realizzati in bucchero”.

L’ipotesi degli archeologi sulla nuova scoperta a Vulci

L’ipotesi degli archeologi sulla scoperta realizzata a Vulci, dove è stato registrato ‘Romulus’: “Abbiamo un’ipotesi un po’ ardita“, ha detto ancora Carlo Casi. “La ragazza potrebbe essere stata in vita un’addetta alla mescita del vino. Anche il balsamario, con la chiusura in pelle del vaso rimanda al processo della fermentazione di liquidi (forse la birra). Inoltre il modesto corredo rappresenta un’origine non certo aristocratica, probabilmente – oggi diremmo – piccolo borghese, denunciata dalle ambre e dalla faience. Nell’Antico Egitto la birra era molto consumata e per essere prodotta deve subire un lento processo di fermentazione. La chiusura (del balsamario n.d.r.) in pelle serviva a facilitare la fermentazione”.