Vini italiani: le etichette DOC, DOCG e IGT diventano un "caso"
DOC, DOCG e IGT: le etichette potrebbero diventare un problema per i vini italiani: il sistema sarebbe troppo difficile da spiegare ai mercati esteri
Le etichette che dividono i vini italiani da DOC, DOCG e IGT stanno diventando un vero e proprio “caso”: per l’Unione Italiana Vini, questo sistema di classificazione risulta troppo difficile da spiegare ai mercati esteri, rappresentando anche un ostacolo per tutto il settore.
Vini italiani, il “caso” delle etichette
Il segretario generale dell’Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti, ha parlato così della presenza delle tante etichette che servono a classificare i prodotti italiani: “Oltre 500 etichette tra DOC, DOCG e IGT sono troppe – le parole di Paolo Castelletti riportate da Il Sole 24 Ore – senza contare che tra queste, le prime 10 coprono solamente il 50% delle bottiglie vendute, mentre un terzo imbottiglia meno del 40% del prodotto”.
Questo sistema viene definito “troppo complesso da spiegare ai mercati esteri” da parte di Castelletti che pensa “a una razionalizzazione che parta del basso, sul tipo di quella effettuata di recente in Abruzzo o anche dalla DOC della Sicilia”.
Paolo Castelletti auspica l’introduzione di “un modello nel quale ci sia un’etichetta prevalente e poi l’indicazione delle sottozone o delle specifiche aree geografiche” di produzione del vino, “senza per forza farne nuove DOC”.
Le parole del segretario generale dell’Unione Italiana Vini arrivano in un momento molto delicato per tutto il settore. Nell’ultimo periodo, infatti, si registra un’importante frenata nell’acquisto di vino Made in Italy in alcuni mercati stranieri, su tutti gli Stati Uniti d’America, la Germania e il Regno Unito.
Da diversi mesi a questa parte, in Europa, si sta affermando una nuova ondata di protezionismo anti alcol: nelle politiche dell’Unione Europea si sta facendo largo l’ipotesi che non esista davvero un livello minimo di consumo di bevande alcoliche sicuro per la salute dei consumatori. Combattere questa situazione è uno dei principali compiti che i produttori dei vini italiani affidano al Governo.
Il problema del Nutriscore per il Made in Italy
Castelletti ha affrontato anche il tema legato alle prossime mosse dell’Unione Europea in fatto di salute: “A Bruxelles si stanno convincendo che quei prodotti alimentari che possono essere dannosi per la salute come il vino ma anche i salumi o le carni non possano essere oggetto di iniziative promozionali cofinanziate da fondi Ue ma vadano assoggettati a una tassazione specifica e debbano riportare dei warnings in etichetta”.
Quello dei warnings è un problema di grande attualità nel mondo del food and beverage. Nei mesi scorsi ha fatto scalpore la notizia che parla della possibilità di introdurre il Nutriscore anche per i vini. Il Nutriscore è un sistema che serve a indicare con etichette a “semaforo” la salubrità degli alimenti in base al loro contenuto e non alla quantità consigliata per il consumo.
Qualora venisse approvato, il Nutriscore porterebbe all’applicazione di una “F” nera sulle etichette di tutte le bevande che contengono una quantità, anche minima, di alcol. Questo sistema andrebbe a influenzare in maniera importante il mercato del vino, colpendo anche i maggiori produttori di vini esportati all’estero. Il sistema della valutazione a semaforo secondo andrebbe a colpire anche altri prodotti del Made in Italy: è già a rischio la pasta Cacio e Pepe, per via della presenza del pecorino romano, considerato alimento non salutare.
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