L'ultimo acquisto degli Uffizi è un capolavoro del 1828
Un capolavoro del 1828 del pittore Francesco Hayez è entrato a far parte delle opere del patrimonio artistico della Galleria degli Uffizi
Il ‘Ritratto del colonnello Arese Lucini in carcere’ del celebre pittore lombardo Francesco Hayez entra a far parte delle opere del patrimonio della Galleria degli Uffizi. L’opera, un olio di tela dipinto sul finire degli anni Venti dell’Ottocento, ritrae il conte e militare napoleonico Francesco Teodoro Arese Lucini, coinvolto nei moti risorgimentali, ed è visitabile dal primo gennaio all’inizio del percorso del polo museale fiorentino, in cima allo scalone lorense.
Dopo un “tour” in vari Comuni toscani, il dipinto è approdato agli Uffizi per restare esposto in modo permanente nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Un’acquisizione importante, che va ad arricchire il patrimonio dell’iconico museo fiorentino con un’opera importante non soltanto per il suo valore pittorico, ma anche per il forte significato storico e politico in relazione ai moti risorgimentali.
Chi era il conte Arese Lucini
Nel dipinto infatti Hayez, uno tra i maggiori interpreti del Romanticismo italiano e internazionale, esprime “speranze e delusioni del Risorgimento italiano”, come spiegano dagli Uffizi: “L’olio su tela si caratterizza per la sua carica rivoluzionaria: fu lo stesso Arese Lucini, ‘nobile gentiluomo’, come lo definì Hayez, che, da membro dell’aristocrazia, volle rompere le ingessate convenzioni della ritrattistica scegliendo di farsi raffigurare in catene. Si trattò, in tutta probabilità, di un tentativo di riscatto sociale, che il conte volle affidare al geniale tocco del pittore lombardo”.
Come ricordano dagli Uffizi il conte Arese, ex colonnello napoleonico, aveva partecipato ai moti risorgimentali del 1820-21 finendo sotto processo e subendo due anni più tardi una condanna a morte. La pena capitale fu però convertita in tre anni di detenzione nel penitenziario austriaco dello Spielberg, lo stesso in cui Silvio Pellico scrisse il suo celebre diario, “Le mie Prigioni”. Questo perché sui monti di Brno, durante il processo, il conte colonnello aveva riferito alla corte tutto quello che sapeva sugli altri accusati, giustificandosi con la propria presunta incapacità a mentire e rivelando i segreti della congiura antiaustriaca.
Il simbolismo del ritratto del conte Arese Lucini
La scelta di farsi ritrarre da Hayez in panni nobiliari, ma con le catene ai piedi, è stato probabilmente il tentativo del conte Arese Lucini di riscattarsi a livello sociale, restituendo una immagine di sofferenza e patriottismo dopo l’esito del processo e la decisione di parlare davanti alla corte, in sede processuale.
“Arese, condannato per aver partecipato ai falliti moti anti-austriaci del 1820-21, rivelò i nomi dei cospiratori e di Federico Confalonieri, professando un’impossibilità di mentire che certo lo salvò dalla condanna a morte, ma non da anni di carcere durissimo che minarono gravemente la sua salute – ha detto in una nota ufficiale il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – Il dipinto riassume mirabilmente la vicenda e le ragioni del conte, ma soprattutto offre a Francesco Hayez, il più grande pittore del Romanticismo italiano, la possibilità di misurarsi con la psicologia del personaggio e di offrire una delle prove più alte della sua produzione pittorica. Le Gallerie degli Uffizi si arricchiscono così di un capolavoro riprodotto nei più importanti testi sull’Ottocento”.
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