Roscigno Vecchia, il paese fantasma con un solo abitante
Definita la Pompei del Novecento, Roscigno Vecchia consente un viaggio nel tempo in un borgo rimasto cristallizzato agli inizi del secolo
Silenzio assoluto, strade deserte e una tranquillità completa, quasi tangibile. Un borgo incastonato nelle pieghe del tempo che offre la rara possibilità di effettuare un viaggio attraverso epoche di inizio secolo scorso. Le strade sterrate, la bottega del calzolaio, la fucina del fabbro, le stalle, tutto parla di un tempo perduto che rimane cristallizzato nonostante lo scorrere del tempo.
C’è chi l’ha definita la Pompei del Novencento e a passeggiare in questo bel borgo del Cilento si percepisce la presenza di un mondo passato che ancora riecheggia.
Roscigno Vecchia si è fermata ai primi decenni del secolo scorso. Le casette piccole, basse sono diventate tutt’uno con la vegetazione circostante. Il borgo si trova nella provincia di Salerno.
Ma come mai nel tempo questo paesino, un tempo vivace, è diventato un luogo fantasma? Tutto è iniziato attorno al 1907-1908 quando le continue frane e alluvioni hanno convinto gli abitanti ad andare via. Due ordinanze del Genio Civile constrinsero gli abitanti a trasferirsi più a monte presso Roscigno Nuova. Gli ultimi abitanti, i più restii ad abbaondonare casa, andarono via soltanto agli inizi degli anni Sessanta quando ormai la situazione si era fatta insostenibile.
Non a caso la storia di questo borgo fantasma ha attirato persino la troupe del National Geographic che ha contribuito a puntare i riflettori sul paesino.
Borgo fantasma ma non del tutto visto che almeno un abitante c’è: si tratta di Giuseppe Spagnolo, unica anima che si aggira tutti i giorni nel fitto dedalo di viuzze, non mancando di spiegare ai visitatori le caratteristiche di uno dei pochi luoghi d’Italia dove il tempo scorre con una velocità del tutto peculiare.
Oggi Roscigno Vecchia attira migliaia di visitaori a cui dà il benvenuto. Non si sente affatto solo, tanti sono i turisti che gli fanno compagnia nel corso dell’anno e nei periodi di minore affluenza gli arrivano numerose lettere che gli fanno compagnia.
Il borgo, che è a tutti gli effetti un museo a cielo aperto, ne custodisce un altro, il Museo della civiltà contandina dove sono illustrati i princiapli aspetti della vita rurale del paese fantasma, coltivazine degli ulivi alla preparazione di formaggio e vino.
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