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Scoperto in Puglia il più antico cane italiano

In Puglia i ricercatori dell'Università di Siena hanno scoperto il cane più antico d'Italia in due antichi siti che risalgono al Paleolitico

Grotta Paglicci

I ricercatori dell’Università di Siena hanno scoperto il cane più antico d’Italia in due siti paleolitici della Puglia. I ritrovamenti, frutto di una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Scientifica Reports’, potrebbero rappresentare le prime testimonianze del processo che ha portato alla comparsa del più fedele animale domestico dell’uomo.

Alcuni resti del cane sono stati rinvenuti nei siti paleolitici di Grotta Paglicci a Rignano Garganico, in provincia di Foggia e a Grotta Romanelli a Castro, in provincia di Lecce. I reperti testimoniano la presenza molto antica del cane: secondo lo studio è datata tra 14 mila e 20 mila anni fa.

La grande scoperta è opera del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena e, in particolare, dell’Unità di ricerca di Preistoria e Antropologia dell’ateneo toscano, inserito nella classifica THE 2021 delle migliori università in Italia e nel mondo. Lo studio è stato portato avanti con la collaborazione con altri enti nazionali e internazionali ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Scientific Reports’.

Fino a ora, i cani più antichi riconosciuti con certezza dagli studiosi di preistoria, provenivano per lo più dall’Europa centrale e occidentale ed era datati a circa 16 mila anni fa. I resti scoperti in Puglia, regione che questa estate ha dovuto affrontare un’invasione di  coccinelle, rappresentano gli esemplari più antichi scoperti nell’area mediterranea e potrebbero essere le prime testimonianze in assoluto del processo che ha portato alla comparsa del primo animale domestico.

I dati genetici di uno dei cani provenienti dagli scavi in provincia di Foggia e in Salento, lo fanno risalire a 14 mila anni fa e ne mettono in risalto la somiglianza con un esemplare di epoca comparabile proveniente dal sito tedesco di Bonn-Oberkassel. Se così fosse, i due cani potrebbero essere stati generati da una popolazione comune che sarebbe la più antica a diffondersi in varie parti d’Europa. Continuare a studiare i reperti potrebbe far comprendere il ruolo che avevano i cani nelle comunità paleolitiche.

Lo studio sui resti pugliesi è stato svolto dall’Università di Siena in collaborazione con l’Università di Firenze, il Centro Fermi di Roma, l’International Centre for Theoretical Physics di Trieste, l’Università di Bordeaux, il Museo nazionale preistorico etnografico ‘Luigi Pigorini’ di Roma, l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana ‘Aleandri’, l’Istituto nazionale di Fisica nucleare di Firenze, il Musée de l’Homme di Parigi, Elettra Sincrotrone di Trieste e la Soprintendenza archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia.