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Cosa sono le magnose, i crostacei del "caso scontrino" in Italia

Il nuovo "caso scontrino" in Italia: 280 euro per quattro linguine con la magnosa. Ecco cos'è e perché ha fatto lievitare il costo della cena

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Caso scontrino e magnose: perché costano tanto

Lo scontrino da oltre 500 euro per una cena di pesce in quattro è diventato subito virale: la denuncia, pubblicata inizialmente a mezzo Facebook, ha fatto il giro di tutti i social prima di arrivare al diretto interessato, il titolare dello chalet in cui si è consumato il “caso scontrino”.

Il ristoratore ha difeso la propria posizione invocando la particolarità dei crostacei con cui è stato cucinato il primo piatto scelto dai quattro commensali. A quanto pare, infatti, si tratta di una specie molto rara da trovare in pescheria, ed è proprio a questo che si deve il salatissimo conto.

Il caso scontrino: cosa c’entrano le magnose

Lo scontrino pubblicato su Facebook da Giorgio Tordini è quello di una cena di pesce per quattro, consumata in uno chalet sul lungomare di San Benedetto del Tronto. A far lievitare il prezzo della cena, in maniera piuttosto evidente, il costo dei primi: 280 euro per quattro piatti di linguine.

Il resto dello scontrino, d’altra parte, non si discosta troppo da quel che ci si aspetterebbe di pagare in un buon ristorante di pesce: 53 euro per due bottiglie di vino Ballabbiò Rosé, 60 euro per quattro portate di crudi, 2 euro a testa per il coperto. Fin qui tutto nella norma.

Però, invece di scegliere un primo piatto dal menù, i quattro commensali si sono affidati al consiglio dello chef e hanno optato per una proposta non presente alla carta, ma soltanto tra i piatti del giorno. D’altro canto, spiega il cliente del ristorante, il primo più costoso del menù, a base di aragosta o astice, esponeva un prezzo di 35 euro, quindi era ragionevole credere che anche il costo per il “primo del giorno” sarebbe stato nell’ordine dei 35/40 euro.

L’amara sorpresa è arrivata a fine cena, quando si è scoperto che un singolo piatto di linguine con la magnosa ha un prezzo di 70 euro, per una spesa, in quattro, di 280 euro.

“Le 4 linguine ‘Plà Plà’, mezzo crostaceo in ogni piatto, quindi 2 in tutto, sono costate DUECENTOTTANTA EURO, cioè 70 euro cadauna” si legge nel post di Tordini su Facebook, che cita en passant anche la recente vicenda del Crazy Pizza di Briatore.

Presto taggiunto dalla protesta social, il titolare dello chalet si è difeso spiegando che il prezzo è dovuto alla scelta di mangiare le magnose – le cicale di mare o Plà Plà nel dialetto del posto – crostacei molto rari e pregiati, e quindi anche piuttosto costosi.

Linguine con la magnosa: i conti

Raggiunto dal ‘Corriere Adriatico’ e interrogato sul prezzo dei quattro esosi piatti di linguine, il ristoratore ha spiegato: “Soltanto quello che è stato messo su quei 4 piatti a noi costa 180 euro, Iva compresa”. Le magnose scelte dai clienti dello chalet, insomma, sono una prelibatezza molto costosa, capace di giustificare almeno in parte il “caso” dello scontrino virale.

La magnosa rientra tra quei crostacei particolarmente costosi soprattutto per via dell’alta percentuale di scarto che prevede durante la preparazione. Cucinando un’aragosta, per esempio, si scarta circa l’80% del prodotto, mentre per i gamberi lo scarto non supera il 40-45% del peso.

Per la magnosa la questione non è troppo diversa dalla sorte dei crostacei più pregiati, come astice e aragosta: la parte edibile della cicala di mare è pari a circa il 35% del peso, per un prezzo medio in pescheria che si aggira sui 40 euro al chilo. Niente in confronto ad altri ingredienti tipici della tradizione culinaria italiana, come il tartufo pregiato e lo zafferano, che in alcuni casi viaggiano sui mille euro al chilo.

La differenza è che la magnosa non può essere coltivata, e anzi è una specie piuttosto rara: si tratta di un crostaceo che vive nell’area delle coste del Mediterraneo, a profondità che possono variare tra i 2 e i 400 metri, che viene pescata in tutta la fascia costiera ma di cui non si conosce con esattezza il numero di esemplari.

Cos’è la magnosa?

Il nome scientifico della magnosa, o cigala, è Scyllarides latus. È una specie tipicamente notturna, dal manto scuro di colore bruno o tendente al grigio, ed è tra i crostacei più grandi dell’area mediterranea.

Se per un buon piatto di pasta con la magnosa è necessario un esemplare di almeno 800 grammi, è altrettanto vero che gli esemplari della specie arrivano anche a superare i due chili di peso.

Nel Mar Ligure, ben distante dallo chalet sulle coste di San Benedetto, gli operatori del Parco Nazionale delle Cinque Terre hanno attivato una campagna di monitoraggio della specie. Chi vede o cattura una magnosa è invitato a compilare un questionario di avvistamento; la specie è considerata rara, ma in realtà non si conosce il grado di rischio cui è esposta.

Nella lista rossa dell’IUCN, che segnala le specie a rischio o in via di estinzione, la magnosa è segnalata come specie per cui non ci sono sufficienti dati: in breve, non sappiamo quanti esemplari vivono nei nostri mari, se stanno aumentando o se stanno diminuendo, e a quale velocità. Viene soltanto riportato che si tratta di una “specie soggetta a pesca intensiva, e in quanto tale è diventata rara lungo le coste europee del Mediterraneo occidentale”.

Il clima sta cambiando rapidamente, e mentre arrivano sempre più specie aliene e invasive, che possono tramutarsi in una risorsa anche in campo alimentare, altre specie autoctone – tradizionalmente usate in cucina e abbastanza diffuse da avere dei nomi nei dialetti locali – si stanno trasformando in ingredienti sempre più rari e pregiati.