Cold case: cinque omicidi irrisolti in Liguria
C'è stato un tempo in cui la Liguria è stata sconvolta da delitti efferati ancora oggi avvolti nel mistero
Sono diversi gli omicidi insoluti in Liguria, avvenuti in un arco di tempo di oltre vent’anni. Casi giudiziari, noti come “cold case” o gialli irrisolti, che hanno attraversato un pezzo di storia importante della regione, dal 1978 al 1996, sconvolgendo l’opinione pubblica e rimanendo ancora oggi avvolti nel mistero.
Il Mostro di Bargagli
Dal dopoguerra fino al 1983, Bargagli, un paese sulle colline genovesi della Val Bisagno, fu scossa da una serie di misteriosi delitti, attribuiti al Mostro di Bargagli. L’appellativo venne creato dalla stampa in riferimento all’autore o agli autori degli omicidi dietro i quali, stando alle ipotesi più accreditate, potrebbe esserci stata la cosiddetta “Banda dei vitelli”, che durante la Seconda Guerra Mondiale macellava clandestinamente gli animali per venderne le carni al mercato nero. La lunga scia di delitti potrebbe ricondursi, soprattutto nell’immediato dopoguerra, alla sparizione di un tesoro, trasportato sulle colline di Bargagli da truppe naziste e repubblichine in fuga da Genova durante la Liberazione, il 25 aprile del 1945.
Della lunga serie di omicidi commessi, tredici sono stati effettuati con la tecnica del “colpo del macellaio”, ovvero colpi di spranga, come era d’uso nella macellazione dei bovini tra gli allevatori della valle dell’epoca. I responsabili non sono mai stati trovati e la storia venne archiviata.
L’omicidio di Gabriella Bisi (Rapallo-Chiavari)
Un altro omicidio che ha sconvolto la Liguria, ancora oggi avvolto nel mistero, ha come scenario due rinomate città della Riviera Ligure. Gabriella Bisi, vedova milanese di 35 anni, si trova in vacanza nella sua casa a Rapallo. La sera del 2 agosto 1987, avrebbe dovuto cenare con un’amica e la madre di quest’ultima in una nota trattoria a Santa Margherita, ma a quell’appuntamento non si presenterà mai. Il 13 agosto, la polizia trova il cadavere di una donna in avanzato stato di decomposizione, in una radura soprastante la via Aurelia, tra Chiavari e Zoagli. Si tratta del corpo di Gabriella. Molti gli interrogatori che si sono susseguiti senza risultato. Il caso viene definitivamente archiviato nel 1990.
Il caso misterioso di Nada Cella (Chiavari)
A quasi dieci anni di distanza dall’omicidio di Gabriella Bisi, Chiavari è tornata ad essere teatro di un altro atroce delitto irrisolto. In questa ridente cittadina di mare della provincia di Genova, adagiata sulla lunga lingua di terra che corre dal Golfo del Tigullio fino al promontorio di Sestri Levante e famosa per il suo panorama eccezionale, Nada, giovane segretaria 24enne, viene trovata morta alle 9 del mattino del 6 maggio 1996, nell’ufficio presso il quale lavora, situato in via Marsala. Il medico legale sentenzierà che l’arma del delitto, mai ritrovata, è costituita da un corpo contundente. Qualcuno, si pensa una persona che la vittima conosceva bene, l’ha colpita alla testa con un oggetto mai ritrovato.
Il delitto Manunta (Savona)
Donatella Manunta è un’altra delle vittime di un cold case rimasto senza un colpevole. Il crimine efferato sconvolge questa volta il centro di Savona, in un giorno di fine marzo del 1990. Nella caratteristica città ligure a misura d’uomo, che si può girare facilmente in un giorno, Donatella era una delle prime trans italiane a sottoporsi all’intervento di riattribuzione del sesso e per vivere faceva la escort. La si vedeva spesso all’incrocio tra Calata Sbarbaro e via Gramsci, fino a quella maledetta mattina del 22 marzo, quando il corpo della 51enne viene ritrovato nel suo appartamento in via Untoria, nel cuore storico di Savona. I sospetti cadono sull’ex fidanzato della vittima, Pino Tortelli, addetto del cimitero di Stella. L’uomo venne incriminato nel ’93 in seguito alla testimonianza di un vicino di casa, ma venne poi scagionato dopo quattro anni per non aver commesso il fatto. La Procura riaprirà il caso a circa 16 anni dal delitto: dopo un esame delle impronte digitali trovate nell’appartamento, viene indagato ed arrestato un pregiudicato originario di Cengio, ma anche lui sarà in seguito scagionato perché non sussistono i gravi indizi di colpevolezza.
Il delitto del cioccolatino (Genova)
Maria Maddalena Berruti era un’anziana di 82 anni che a Genova conduceva una vita molto riservata. La si poteva incontrare spesso al Mercato Orientale, dove era solita scambiare qualche parola con i commercianti. La mattina del 17 febbraio 1987, suo nipote la troverà riversa a terra, strangolata da un filo di nylon e con strane macchie di vernice verde spray. L’omicidio è avvenuto nell’appartamento della Berruti, situato in via Colombo, una delle principali traverse di via S. Vincenzo, nel capoluogo ligure. Le indagini della polizia non porteranno a nulla, ma la donna nasconde una storia drammatica, risalente a 50 anni prima, quando Genova era una città molto diversa da quella di oggi. Maria Maddalena era sposata con un marittimo e aveva una figlia di 10 anni, Irma Celle. La donna conosce due giovani universitari, Guido De Grandis e Mario Fulpiani, decisi ad impadronirsi dei suoi soldi. I due escogitano un piano diabolico: iniettano della stricnina in un cioccolatino, da offrire a Maria per farle perdere conoscenza e ripulirle l’appartamento. La Berruti, però, lo ripone nella borsetta e quella sera lo offre alla sua bambina, provocandone involontariamente la morte.
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