Autovelox non omologati, "tremano" le casse dei Comuni: il motivo
Una sentenza della Corte di Cassazione ha portato alla luce un vuoto normativo sugli autovelox non omologati in Italia: "tremano" le casse dei Comuni
La Corte di Cassazione ha accolto l’impugnazione di un avvocato di Treviso che aveva ricevuto, da automobilista, una multa per aver viaggiato a 97 chilometri orari sulla strada regionale n.53 di Treviso, la “Tangenziale”, dove il limite è fissato a 90 chilometri orari.
Autovelox non omologati: la sentenza della Cassazione
L’apparecchiatura che ha rilevato l’eccesso di velocità risultata approvata ma non omologata, come tanti autovelox sparsi in giro per l’Italia: in virtù dell’assenza di omologazione, la Cassazione ha dato ragione all’avvocato, dando vita a un precedente che può ripercuotersi sulle entrate di tanti Comuni italiani.
Le motivazioni che hanno portato alla sentenza risiedono nel fatto che le apparecchiature, pur essendo autorizzate dal Ministero delle Infrastrutture, non sarebbe sottoposte dallo stesso Governo a una verifica tecnica più puntuale, necessaria alla loro omologazione. In questo modo, sostanzialmente, ci sarebbe un vuoto normativo che se non corretto, metterebbe al riparo gli automobilisti colti da autovelox non omologati.
Di media le sanzioni per le violazioni al Codice della Strada, in Veneto, valgono circa 50 milioni di euro all’anno e, di queste, un terzo arrivano dal superamento dei limiti di velocità riscontrato da parte delle apparecchiature elettroniche. Spostando l’attenzione sul Comune di Treviso, la quota normalmente riscossa sarebbe di poco inferiore ai 4 milioni di euro su base annuale.
L’appello dell’Anci
Dopo la sentenza della Cassazione, dall’Anci Veneto è arrivato un appello per chiedere al Governo di colmare il vuoto normativo che riguarda gli autovelox non omologati: “I macchinari non omologati sono la stragrande maggioranza di quelli che si trovano tra le strade – le parole del direttore dell’Anci Veneto Carlo Rapicavoli riportate da ‘Repubblica’ – I comuni si sono fidati delle disposizioni ministeriali arrivate sotto forma di circolare ufficiale nel 2020, nelle quali si diceva che in assenza di norme tecniche precise gli apparecchi potessero essere usati. Adesso il parlamento lavori a una norma che fornisca indicazioni precise. Non solo ai Comuni, ma anche ai gestori delle strade e ai cittadini”.
Rapicavoli ha posto l’attenzione su un grande problema: qualora venissero meno le entrate delle multe degli autovelox, a farne le spese sarebbero le strade, visto che gran parte dei soldi sono destinate proprio alla manutenzione della viabilità: “Queste risorse hanno destinazione vincolata e sono dirette alla messa in sicurezza delle strade. Se mancano bisognerà tagliare da altri servizi”. Soltanto in Veneto, per esempio, le entrate dovute alle sanzioni per eccesso di velocità misurate dagli autovelox valgono quasi 16 milioni di euro all’anno.
Il caso Fleximen e gli apparecchi da record
Da diversi mesi gli apparecchi che regolano i limiti di velocità sono diventati protagonisti delle cronache, a partire dal caso Fleximen: si tratta di un presunto “supereroe” che prende di mire gli autovelox soprattutto nel Nord Italia, e li abbatte utilizzando un flex a batteria con cui sega la base del palo che li sostiene.
L’Italia, inoltre, detiene un vero e proprio record sugli autovelox: nel nostro Paese sono attivi 11.171 apparecchi che rilevano i limiti di velocità in strada, il 10% del totale di quelli presenti in tutto il mondo e il 17% di quelli installati solamente in Europa.
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