La Sicilia è diventata un'isola tropicale: cosa sta succedendo
Non più solo arance e fichi d'india: la Sicilia è ormai da tempo dedita alla coltivazione di frutti tropicali, grazie a qualche piccolo adattamento
Il clima mediterraneo della Sicilia ne ha sempre fatto il luogo perfetto dove coltivare agrumi e fichi d’india, che nel corso dei secoli sono diventate la specialità dell’isola. Ma ormai da tempo, molti agricoltori hanno cambiato rotta e hanno iniziato a dedicarsi alla coltivazione di frutta esotica, come mango e papaya. Insomma, la Sicilia sta diventando una vera e propria isola tropicale.
Le coltivazioni esotiche in Sicilia
La Sicilia vanta una lunga tradizione nella coltivazione di alcuni prodotti tipici come le arance e i fichi d’india, che da qui vengono esportati in tutta Italia e anche nel resto d’Europa. L’introduzione degli agrumi sull’isola è dovuta alla dominazione araba del IX secolo, mentre quella dei fichi d’india è di poco successiva alla scoperta dell’America ed è avvenuta ad opera degli spagnoli.
Tuttavia, oggi gli agrumeti e le brulle distese di cactus che danno fichi d’india non sono più l’unica caratteristica nel panorama siciliano. Sempre più spesso, infatti, si vanno diffondendo le coltivazioni di frutta tropicale e subtropicale. Probabilmente, il primo ad essere stato importato è l’avocado: già negli anni ’50 e ’60 sono iniziate le colture sperimentali che hanno rapidamente avuto successo.
Oggi, sono le pendici dell’Etna e i dintorni di Giarre a presentare le più ampie distese di avocado, mentre nel resto dell’isola vanno per la maggiore altri frutti esotici. È il caso del ragusano, dove le serre di pomodori sono state riciclate per coltivare la papaya, o della lunga costa tirrenica, da Trapani a Messina, dove si possono trovare anche il mango e il frutto della passione.
Pian piano, si stanno diffondendo altre coltivazioni esotiche provenienti dalle aree tropicali di tutto il mondo. Dalla dolce e succosa guava, che è stata importata in tre diverse varietà, alla deliziosa annona, passando per lo zapote, il litchi, il dragon fruit e gli agrumi asiatici (in primis il lime e il kaffir, che hanno trovato grande successo).
La sfida del clima
Naturalmente, portare coltivazioni tipicamente abituate ad un clima tropicale e subtropicale, come quello delle foreste pluviali dove questi frutti crescono solitamente, rappresenta una vera sfida. La Sicilia è un’isola dal clima mediterraneo, caratterizzato da un caldo secco che non si presta particolarmente bene alla crescita di piante che necessitano invece di molta umidità e di abbondante acqua.
L’impegno congiunto di agricoltori, vivaisti e agronomi specializzati in coltivazioni esotiche, tuttavia, sta dando i suoi frutti (in senso letterale). “Attraverso la scelta del giusto microclima, un’attenta selezione delle giuste varietà di cultivar e con impianti provvisti di sistemi d’irrigazione, coperture, frangivento e, solo in qualche caso, di serre, oggi in Sicilia si possono coltivare con successo decine di nuovi frutti tropicali e subtropicali” – ha dichiarato il professor Vittorio Farina, esperto in frutticoltura tropicale e subtropicale dell’Università di Palermo, come riporta ‘Gambero Rosso’.
Si tratta di un mercato piuttosto conveniente, visto che la richiesta di frutti esotici continua a crescere anche in Italia (e nel resto d’Europa). La Sicilia riesce così a competere con i Paesi del sud del mondo, grazie ad un rapporto qualità/prezzo decisamente più vantaggioso, spezzando la catena delle costose – ed inquinanti – importazioni per via aerea.
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