Forno comunitario, in pietra o in argilla: in Italia, torna il piacere della condivisione
Dal nord al sud Italia, torna in auge il forno comunitario. Un luogo in cui la comunità cuoce il pane, e ritrova il piacere di stare insieme
Da qualche anno, si è tornati a parlare di forni comunitari. Costruiti alla maniera antica, ristrutturati oppure di nuova generazione (in argilla, in mattoni o alimentati a pallet), sono un perfetto esempio di condivisione. E di integrazione. Combattono la crisi, permettono di conoscere con esattezza con quale farina è preparato il pane, rispondono ad una ritrovata voglia di stare insieme. E così, associazioni e centri sociali, amministrazioni comunali e gli stessi cittadini, hanno deciso di riproporre i forni comunali.
Ce ne sono un po’ in tutta Italia. Alcuni Comuni di Piemonte e Val d’Aosta hanno puntato sul recupero di quegli antichi forni in pietra che – un tempo – servivano le famiglie (cuocendo tra i 20 e i 130 pani al giorno), permettendo loro di infornare il pane e di farne una grande scorta. Spesso, i forni aprono solo in determinate occasioni, ad esempio durante le sagre di paese. In altri casi, sono stati trasformati in attrazione turistica. Ci sono poi forni comunitari che sono veri e propri progetti sociali, esempi d’autoproduzione, aggregazione, sostenibilità ambientale. È il caso del forno popolare Casetta Rossa nel quartiere romano de La Garbatella, inaugurato nel 2013. Gestito da un gruppo di cittadini e di panificatori, è stato costruito per auto-produrre il pane preservando il concetto di filiera corta. Ogni domenica, a partire dalle 14.30, il forno apre e chiunque può portare a cuocere il suo pane, riunendosi insieme agli altri. Qui si tengono corsi di alimentazione, ma anche divertenti pizzate. Perché il forno comunitario – che alla Garbatella serve anche ad auto-finanziare le attività di quartiere – è prima di tutto un luogo in cui (ri)trovarsi. Sempre dal 2013, in Liguria, ce n’è uno in argilla: realizzato a Sestri Ponente su iniziativa del Circolo Filippo Merlino, l’Associazione Terra! onlus e il Municipio VI Medio Ponente, è ora a disposizione del circolo e delle realtà che vi gravitano attorno. Sede di laboratori alimentari per grandi e piccini, lo scorso anno è stato utilizzato dalle famiglie della zona per cuocere il panettone genovese, a fronte di un piccolo contributo.
Un altro virtuoso esempio è rappresentato dal forno comunitario di Andria, provincia di Barletta-Andria-Trani. Nel centro storico del paese, ci lavorano persone di tutte le etnie, provenienti dalla Cooperativa Sant’Agostino. Qui, le famiglie della città vengono a cuocere pane, focacce e paste tra una chiacchiera e uno scambio di ricette. E, laddove c’è il forno, ci sono anche un piccolo mandorleto, un uliveto e un orto, da cui la coop produce patè di olive, olio extra vergine d’oliva e la “bomba murgiana”, mix di melanzane, olive, peperoni, peperoncino e sardine tritate. Perché i forni comunitari sono molto più che forni. Sono luoghi di sorrisi, di confessioni e di risate. Ci si ritrova lì intorno, e non si è mai soli.
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