Il mistero della giraffa nell'Orto Botanico di Pisa
Nell'Ottocento l'Orto Botanico di Pisa ospitò per qualche tempo un esemplare di giraffa: la curiosa scoperta in una ricerca di due studiosi dell'ateneo pisano
Per un breve periodo di tempo, nella prima metà dell’Ottocento, l’Orto Botanico dell’Università di Pisa ospitò una giraffa, che viveva insieme a una mucca e un vitello.
La curiosa vicenda, di cui si sapeva ben poco, è stata ricostruita da due ricercatori dell’Ateneo pisano in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista internazionale ‘Journal of Zoological and Botanical Gardens’.
Il mistero della giraffa
L’esistenza di una giraffa all’interno dell’Orto Botanico dell’Università di Pisa sarebbe potuto passare facilmente inosservato, si legge nello studio di Gianni Bedini e Simone Farina, se non fosse stato per la fortuita presenza dell’animale in un disegno dell’epoca e in alcune note archiviate nelle biblioteche dell’Ateneo.
I due ricercatori hanno ricostruito la vicenda della giraffa a partire da un disegno del 1849 intitolato “Pise. Vue prise au dessus du Campo Santo”, dell’artista Alfred Guesdon. Nel disegno, che è una veduta aerea della città ricca di minuziosi dettagli, si vede nell’area dell’Orto Botanico una giraffa, in compagnia dei due bovini, all’interno di un recinto circolare.
La presenza del misterioso animale nell’Orto dell’ateneo pisano, fanno notare i ricercatori, solleva in realtà molti interrogativi. Della giraffa si sa che era un maschio, che proveniva da Alessandria d’Egitto e che apparteneva al Granduca Leopoldo II, padre tra le altre cose di una delle più note collezioni botaniche di orchidee.
Il Granduca aveva affidato il grande esotico animale alle cure di Paolo Savi, direttore del Museo di Storia Naturale di Pisa, noto e stimato conoscitore del mondo animale.
“Un maschio vispo e allegro”
I ricercatori hanno trovato la descrizione della giraffa proprio nella collezione di manoscritti e corrispondenze di Paolo Savi, in una lettera in cui l’animale viene descritto così: “È un maschio, adesso vispo e allegro, talchè sembra sanissimo, ha in sua compagnia una Vacca con vitello…”.
Non si sa come Savi riuscì ad ottenere il permesso di recintare la giraffa e i suoi compagni all’interno dell’Orto Botanico, né si hanno notizie di stalle o informazioni su come l’animale venisse nutrito e tenuto al caldo in inverno. Di sicuro, si sa che la vacca e il vitello “erano là per fare compagnia alla giraffa” del Granduca.
È anche possibile, si legge nella ricerca, “che la giraffa non fosse il primo animale a vivere nell’Orto Botanico per scopi di ricerca”. Nel 1828, Paolo Savi acconsentì nell’ospitare all’interno dei giardini tre antilopi, inviate dal Granduca per osservarne il comportamento e studiarne i caratteri morfologici.
Una giraffa in Toscana
La giraffa arrivò a Pisa soltanto nel 1847, dall’Egitto, raggiungendo il porto di Livorno e poi, non si sa con quali mezzi, la città di destinazione. Visse all’interno dell’Orto Botanico dell’Università per un paio di anni, dopodiché fu spostata a San Rossore.
Del soggiorno della giraffa a San Rossore si sa almeno che qui il Granduca fece costruire una stalla. “Su esplicita indicazione di Savi” si legge nella ricerca “la stalla era esposta a sud per limitare i disagi dei freddi inverni” all’animale.
L’animale morì nella sua stalla a causa di un’infiammazione alla bocca nel 1853.
In una lettera del 5 dicembre 1853, il Granduca “ordinò di inviare la pelle e lo scheletro al Museo di Storia Naturale di Firenze e di donare le viscere al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa”.
Il cuore della giraffa del Granduca Leopoldo è ancora oggi in mostra nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. La giraffa fu l’ultimo animale ad essere ospitato presso l’Orto Botanico dell’Ateneo, il secondo più antico d’Italia dopo quello di Padova. Resta però la memoria fisica dello straordinario evento, grazie alle note e al lavoro di Paolo Savi, oggi riconsegnate alla notorietà grazie alla ricerca dei due studiosi dell’Università di Pisa.
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