Coronavirus: 50mila bar, ristoranti e pizzerie a rischio chiusura
Il Coronavirus mette a repentaglio il futuro di bar, ristoranti e pizzerie in tutta Italia: molti locali potrebbero non riaprire più dopo l'emergenza
Futuro incerto per bar, ristoranti e pizzerie italiane: circa 50mila attività rischiano la chiusura a causa dell’emergenza Coronavirus.
Il settore dei pubblici esercizi, con 30 miliardi di euro di perdite, sta attraversando una crisi profonda con imprese e aziende che potrebbero non ripartire più e quasi 300mila posto di lavoro a rischio. A lanciare l’allarme è una nota di Fipe-Confcommercio, che sottolinea come diversi imprenditori stiano pensando seriamente di non riaprire le proprie attività, perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire.
I numeri della crisi nel settore della ristorazione, nel mondo dell’intrattenimento e in quello del turismo e dei pubblici esercizi sono impietosi. Si parla di 30 miliardi di euro di perdite, 50mila imprese che rischiano la chiusura definitiva e perdita di 300mila posti di lavoro. Il tutto in un momento in cui i ristoranti e bar, nonostante la chiusura, stanno continuando a pagare le tasse sull’occupazione di suolo pubblico e sui rifiuti non prodotti.
“Con la riapertura del Paese – ha dichiarato il presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani – gli italiani rischiano di non trovare più aperti né il bar sotto casa né la trattoria di quartiere. Per questo, chiediamo al governo e alla politica tutta un aiuto e uno sforzo in più per salvare un pezzo del nostro sistema produttivo che, con 85 miliardi di fatturato prodotto e 1.200.000 occupati, è un settore trainante del turismo e dell’economia del Paese”.
Fipe-Confcommercio, di fronte alle difficoltà del settore, ha predisposto un pacchetto di richieste al Governo, al fine di mettere in campo, con urgenza, delle misure che consentano la sopravvivenza degli esercizi pubblici anche dopo la fine dell’emergenza Coronavirus.
Allo Stato, l’associazione dei pubblici servizi, chiede: risorse vere a fondo perduto per le imprese; una moratoria sugli affitti che preveda una compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza; la cancellazione di imposizioni fiscali come Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi; la sospensione pagamento delle utenze; il prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia; sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali.
Tra le richieste ci sono anche: la reintroduzione dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio; la possibilità di lavorare per asporto, come avviene in tutta Europa; la concessione di spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare e un piano di riapertura con tempi e modalità certe condiviso con gli operatori del settore, per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza.