Weekend a spasso negli inferi: i Campi Flegrei
Storie leggendarie e scenari naturali di rara intensità si incontrano alle porte degli inferi: i Campi Flegrei, dal Lago dell'Averno a Capo Miseno
Storia, leggende millenarie e scenari naturali di rara intensità, narrati dalle antiche voci di Virgilio, Omero e Strabone, rendono quella dei Campi Flegrei una delle zone più affascinanti dell’intera penisola.
Dal Lago dell’Averno, che si credeva fosse la porta per gli inferi, fino al luogo in cui il trombettiere Miseno perse la vita secondo la previsione della Sibilla di Cuma, il nostro weekend a spasso negli inferi è denso di meraviglie e scenari unici.
Luogo a un tempo ameno e “terribilis”, l’area dei Campi Flegrei ci porta al cospetto di una storia profondamente legata alla terra: la natura vulcanica della zona, che sorge su una grande caldera quiescente, era ben nota anche ai primi abitanti della ricca penisola, che fu in epoca augustea la porta di Roma verso Oriente.
Tappa 1. Baia e Cuma: la millenaria storia dei Campi Flegrei
Il nostro fitto itinerario attraverso i luoghi cantati da Virgilio parte dal Castello di Baia, nel comune di Bacoli. Una visita al Museo Archeologico dei Campi Flegrei è l’introduzione ideale per immergersi in un viaggio incredibilmente ricco di testimonianze e suggestioni antichissime.
Il lungo percorso museale, per cui basterà a malapena la mattinata, inizia con le sezioni dedicate a Cuma (il primo insediamento greco del Mediterraneo occidentale) e ripercorre la storia dei Campi Flegrei: qui troveremo molti reperti che ci torneranno forse alla mente quando visiteremo Pozzuoli e Miseno.
Baia è anche sede di un’intera area archeologica sott’acqua: il Parco Sommerso di Baia è traccia dell’antico splendore del lido della Bai
La giornata si conclude presso l’Area Archeologica di Cuma, raggiungibile con la Circumvesuviana oppure con la metropolitana Circumflegrea: qui, sull’acropoli dell’antica colonia euboica, spicca l’Antro della Sibilla con le “cento porte” narrate da Virgilio. È scritto nell’Eneide che è proprio qui, al cospetto della Sibilla di Cuma, che Enea deve recarsi “se vorrà finalmente trovare la terra destinata al suo popolo dagli dei”. Tra Pozzuoli e Miseno non mancano ospitalità ed eccellenze. Trovare il giusto posto in cui pernottare dipende soltanto dai propri gusti: masserie, hotel, bed and breakfast della zona offrono tutti una finestra privilegiata sul golfo di Napoli e sulla storia più antica dei popoli che abitarono gli ameni e terribili territori della caldera. La seconda giornata di questo itinerario inizia presto e parte dal cuore della leggenda: siamo alla porta degli inferi, sul Lago d’Averno. Qui avvenne lo scontro tra Zeus e i Titani, Ulisse incontrò l’indovino Tiresia ed Enea discese fino al fondo degli inferi, col consenso della Sibilla, per rivedere il padre Anchise. Il tour del lago del paese dei Cimmeri, il “popolo della notte” dell’Eneide, regala imperdibili scorci in cui la natura maestosa del lago (all’interno di un cratere vulcanico formatosi oltre 4000 anni fa) incontra i segni inconfondibili di una storia millenaria. Il percorso intorno all’Averno è adatto a tutti: si costeggia in senso antiorario il versante sud del lago, a partire dal cosiddetto Tempio di Apollo, una grande sala termale di epoca romana (nella foto sotto). Il cammino conduce alla Grotta della Sibilla Cumana: da non confondersi con l’Antro della Sibilla, la grotta è una cavità artificiale scavata nel tufo risalente anch’essa al periodo romano ed è il punto esatto in cui secondo Virgilio si trovava l’ingresso degli inferi. A pochi metri dal porticciolo turistico di Pozzuoli, sorge il Macellum, o Tempio di Serapide (nella foto in basso): associato al culto del dio egiziano Serapide, era il luogo in cui sorgeva il Macellum, il grande mercato romano che vendeva carne, pesce e prodotti “esotici”. I resti delle botteghe che animavano la fiorente attività commerciale di Puteoli sono ancora ben visibili, tra le case di Pozzuoli, come le colonne corinzie che adornavano le strutture dell’imponente mercato. Una passeggiata per le vie della città conduce in breve all’Anfiteatro Neroniano Flavio, tra i più grandi d’Italia. Attribuito agli stessi architetti che edificarono il Colosseo, appena precedente, l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli è splendidamente conservato: sono ancora visibili, nei sotterranei, gli ingranaggi che sollevavano in superficie le gabbie che portavano in scena scenografie e animali. Non troppo distante, si trova l’affascinante Necropoli di via Celle: la caratteristica struttura “a colombari” mostra, tra le altre cose, il passaggio dalla tradizione della cremazione all’uso dell’inumazione, che subentrò a partire dal II secolo d.C.. Non si può lasciare Pozzuoli senza visitare la Solfatara, l’antico cratere vulcanico oggi quiescente che da due millenni sbuffa in fumarole di anidride solforosa e fanghi bollenti e che lo storico romano Strabone indicava come la dimora del dio Vulcano. Nonostante sia oggi visitabile solo dall’esterno, la Solfatara regala uno degli scenari naturali più potenti che si possano immaginare. La lunga domenica a spasso negli inferi ci conduce infine nel punto più a sud della penisola flegrea, a Miseno. Anch’essa nell’area di Bacoli, Miseno prende il nome dal celebre trombettiere di Enea, il figlio di Eolo cui qui venne tolta la vita dal dio Tritone per volontà della Sibilla. La maggior parte degli oggetti rinvenuti a Miseno, la sede scelta da Augusto per la flotta pretoria, sono conservati nel Museo Archeologico di Baia. Quel che non possiamo aver visto durante la prima tappa di questo itinerario sono i resti del Sacello degli Augustali (il grande tempio oggi semisommerso dedicato ad Augusto) e del Teatro Romano, abbastanza ravvicinati da concedere una camminata tra le strette pendenze di Misenum. Se si ha la possibilità di rimanere per qualche ora in più, non può mancare un fine giornata nel punto più panoramico del nostro itinerario, il Faro di Capo Miseno (nella foto). Il faro, che è visibile da tutto il Golfo di Pozzuoli, regala una vista unica sul golfo di Napoli e sulle isole di Ischia e Procida. Pare che il tramonto sia il momento migliore per godere appieno del panorama sul mare che sorprese Enea a invocare il nome degli inferi e lasciare così la penisola flegrea con un’immagine capace di confondere l’inferno e il paradiso negli occhi degli uomini di ogni epoca.
Tappa 2. Il Lago dell’Averno, la porta degli inferi
Tappa 3. Pozzuoli, il porto dei Romani
Tappa 4. Miseno: dal Sacello al Faro