Perché i sinti stanno salvando il dialetto piemontese
I sinti stanno salvano il dialetto piemontese: secondo uno studio è questa comunità a garantire la sua trasmissione orale nel corso del tempo
I sinti stanno salvando il dialetto piemontese: a rivelarlo è uno studio riportato dal ‘Corriere della Sera’: sarebbero loro, dall’alto della presenza sul territorio da 400 anni, a garantire la trasmissione del dialetto locale.
I sinti salvano il dialetto piemontese: il caso
Per lo studio la minoranza etnica dei sinti garantisce la conservazione del dialetto piemontese a uso esclusivamente orale: è comunque impossibile un censimento numerico delle persone che lo parlano perché la comunità non è codificata come minoranza e anche per questo motivo, non può accedere ai fondi regionali per la sua salvaguardia, nonostante tutti i sinti parlino piemontese, a differenza di altre minoranze che pur codificate e finanziate, stanno diminuendo.
Il dialetto piemontese, classificato come gallo-italiano, non rientra tra quelli considerati come minoranza linguistica e non può avere l’accesso ai fondi specifici per la protezione di queste lingue. In base ai dati di uno studio Regis del 2021 erano circa 700.000 le persone che parlavano il piemontese nelle principali aree rurali della regione: il Cuneese, il Biellese e il Pinerolese.
Il passaggio intergenerazionale del dialetto della zona è diventato molto difficile, anche se in alcune aree agricole l’utilizzo del dialetto resiste anche tra i banchi di scuola. Della questione legata al dialetto piemontese ha parlato Nicola Duberti, docente di linguistica del Dipartimento di Studi Umanistici di Unito:
“In queste aree vi sono studenti che parlano il piemontese come prima lingua, l’italiano viene dopo – si legge sul ‘Corriere della Sera’ – la competenza passiva, la capacità di comprendere senza parlare fluentemente, coinvolge fino a un milione di persone, ma a Torino e nelle aree urbane è rara”.
Quella parlata dai Sinti è una varietà di piemontese con influenze della lingua Romanì: la comunità, storicamente insediata in zone come San Damiano d’Asti e Villafaletto, risulta oggi uno dei gruppi con la maggiore vitalità linguistica di tutto il Piemonte, grazie alla trasmissione orale tra le varie generazioni.
Le minoranze linguistiche del Piemonte
In Piemonte ci sono tre lingue minoritarie riconosciute dalla legge 482/1999: si tratta del francoprovenzale, dell’occitano e del walser. A parlare il francoprovenzale sono circa 1.500 persone nelle valli Susa, Sangone, Lanzo e Locana: molto simile ai dialetti della Valle d’Aosta, la sua trasmissione è in forte declino ed è limitata a iniziative didattiche occasionali e a eventi culturali.
L’occitano, invece, viene usato da un numero compreso tra 15.000 e 20.000 persone: è diffuso in modo particolare nelle valli alpine del Torinese e del Cuneese, comprese Val Varaita e Val Po. Il walser, infine, conta all’incirca 100 parlanti attivi: viene usato all’interno della comunità con origini germanofone.
In generale il piemontese appartiene al gruppo delle lingue gallo-italiche parlate nell’Italia del Nord: possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari che lo differenziano dall’italiano comune.
La lingua piemontese fa anche parte della memoria storica della colonizzazione gringa nella pampa argentina e dal punto di vista genealogico deriva dall’innesto della lingua latina sulle lingue celtiche e celto-liguri, in seguito all’occupazione romana del Piemonte e per via dei successivi contatti e apporti delle lingue prossime e da quelle poi adottate come ufficiali.