Firenze: Bottura e Gucci insieme per un nuovo bistrot
Il 9 gennaio prossimo, in Piazza della Signoria a Firenze, Gucci inaugurerà il suo nuovo spazio. Che ospiterà anche un bistrot a cura di Massimo Bottura
Massimo Bottura, il pluripremiato chef de L’Osteria Francescana di Modena, sarà presto protagonista di un nuovo progetto. Dopo i tre refettori aperti nel mondo (il Refettorio Ambrosiano di Milano, il RefettoRio Gastomotiva di Rio e il Refettorio Felix di Londra) – e uno che sta per vedere la luce a New York – il cinquantacinquenne chef modenese sbarcherà a Firenze.
In Piazza della Signoria, all’interno del Palazzo della Mercanzia, il 9 gennaio prossimo Bottura inaugurerà il suo bistrot. E lo farà all’interno del Gucci Garden, e in occasione di Pitti Uomo. Del progetto, ancora top secret, pochissimo è in realtà trapelato. Progettato dal creative director del brand, Alessandro Michele, il nuovo spazio ospiterà una boutique della griffe – dove si potranno acquistare prodotti esclusivi, disegnati appositamente per lo store – e anche uno spazio museale, curato dalla critica d’arte Maria Luisa Frisa. Ci sarà poi, per l’appunto, il bistrot. Che porterà l’inconfondibile firma di Massimo Bottura.
Quella tra lo Chef e la Maison, in realtà, è una collaborazione iniziata già qualche tempo fa. Nel secondo episodio di “The Performers”, le Gucci stories pubblicate sul sito della casa di moda, Bottura veniva ripreso con indosso gli abiti disegnati da Alessandro Michele. E raccontava, nel mini film, come i piatti della sua Osteria Francescana fossero sorprendentemente ispirati alla musica. O, meglio, alla leggenda del jazz Thelonious Monk.
È quindi un progetto ambizioso, quello che – uno dei più celebri cuochi d’Italia – si appresta ad affrontare. Del resto, Bottura non è nuovo alla sfide. Siano queste nel campo del lusso, o nel campo umanitario. Come ha fatto a Rio de Janeiro. Qui, nel quartiere degradato di Lapa, il suo RefettoRio Gastomotiva ha sfamato – durante le Olimpiadi – poveri e senzatetto utilizzando le eccedenze alimentari prodotte dai Giochi, che sarebbero altrimenti state buttate. «Questo non è solamente un ente di beneficenza, non si tratta solo di dar da mangiare a chi ne ha bisogno. Si tratta di inclusione sociale, di rendere noto il tema degli sprechi alimentari e di ridare speranze a chi ormai le ha perse tutte», dichiarava a commento dell’iniziativa. Un’iniziativa che continua ancora oggi, che le Olimpiadi sono ormai lontane.