Compie 170 anni la Ditta Dosio, bottega dei capolavori
Nata nel 1848, la ditta Dosio è diventata ben presto simbolo dell'eccellenza torinese e italiana, tra clienti importanti e capolavori incorniciati
L’Italia è da sempre fatta di piccole realtà artigianali, che a dispetto della globalizzazione e dell’industrializzazione dell’economia, resistono: curano i preziosi dettagli, creano su misura, fanno sentire a casa i propri clienti.
La Ditta Dosio è esattamente questo, una bottega artigianale che con la sua lunga storia, racconta anche la storia dell’Italia. Era il 1848 e a Torino, in via San Maurizio, ora via XX Settembre, a pochi passo dal bel Palazzo Valperga Galleani, Margherita Dosio apriva quella che sarebbe diventata una attività centenaria. Il figlio di Margherita, Giovanni, creava infatti cornici per ritratti e dipinti di importanti famiglie nobili torinesi, restaurava quelle danneggiate e lavorava vetri e specchi.
Bastarono pochi anni di lavoro e dedizione per far diventare la Ditta Dosio un’eccellenza piemontese. Giovanni però morì senza eredi e l’attività passo di mano in mano ai garzoni, fino ad approdare nelle mani di Bocca e Serra nel 1933. la figlia di Bocca sposò infine Angelo Roggero, ed iniziò il periodo d’oro della bottega. La Ditta Dosio è diventata nel corso degli anni un punto di riferimento per le istituzioni della città: Palazzo Reale, la Galleria Sabauda, il Museo Egizio hanno visto nella storica bottega cura per l’arte e per i dettagli della lavorazione.
Tra le mura di quella piccola ditta nata nel 1848, sono passati prestigiose incisioni, oggetti cari di famiglie torinesi e capolavori dell’arte. Tra questi, è stata realizzata la cornice lineare in oro per l’autoritratto di Leonardo in occasione di una mostra negli Stati Uniti. Da una tavola in noce del 500, è stata ricavata la cornice per il dipinto di Antonello da Messina. E ancora, è stato incorniciato il Libro dei Morti del Museo Egizio, il quadro di Orazio Gentileschi di Palazzo Reale e l’opera di Pannini a Palazzo Madama.
Non solo capolavori, ma anche clienti importanti, come Carlo Mollino, Carol Rama, Calvi di Bergolo, Luigi Einaudi, la famiglia Agnelli, Ruffo di Calabria. Entrò anche Louis Armstrong in questa bottega, durante il soggiorno a Torino nel 1935. Elena Roggero racconta l’incontro con semplicità: “Mio nonno lo conobbe in negozio e, durante un discorso, Armstrong gli confidò che doveva tenere un concerto e che gli mancavano lo sgabello del pianoforte e il metronomo. Fu mio nonno a prestarglieli”. In 170 anni di tradizione, gli aneddoti non sono mancati e vanno ad arricchire il fascino dell’antica bottega, ormai simbolo di Torino. E anche un po’ dell’Italia.