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Terremoti in Italia, da 2016 più di 124mila scosse: la previsione

Il presidente dell'Ingv a cinque anni dal terremoto di Amatrice: possiamo aspettarci un evento ogni 4 o 5 anni, fondamentale la cultura della prevenzione.

Sono passati ormai cinque anni da quel 24 Agosto 2016 in cui la terra tremò in tutto il centro Italia, distruggendo Amatrice e provocando terribili danni a Norcia, Visso e in tutto l’appennino.

In occasione dell’anniversario del terremoto di Amatrice, il presidente dell’Istituto di Geofosica e Vulcanologia Carlo Doglioni spiega in alcune dichiarazioni riportate da ‘Agi’ come – per un territorio “attivo” come quello italiano – sia di primaria importanza ricordare i terremoti e studiarne i dati, per “porre in essere tutte le possibili strategie difensive dagli eventi futuri che inevitabilmente torneranno”.

La sequenza Amatrice-Norcia-Visso: i dati

Bisogna dunque ricordare, e studiare, i terremoti. Nonostante il nostro cervello tenda alla rimozione del ricordo di tragedie come quella di Amatrice, spiega Doglioni, “la memoria di questi eventi terribili ci aiuta a porre in essere tutte le possibili strategie difensive dagli eventi futuri che inevitabilmente torneranno”.

Per poterci difendere dalle scosse che inevitabilmente coinvolgeranno di nuovo il territorio italiano in futuro, è fondamentale analizzare innanzitutto i dati a disposizione. 

“Dal 24 agosto 2016, la rete sismica nazionale dell’Ingv ha registrato oltre 124mila eventi”, spiega il presidente dell’Istituto, “nell’area epicentrale si è mobilizzato un volume crostale di circa 6mila km3 in un’area di circa mille km2, ma i danni si sono risentiti su un territorio almeno otto volte più grande”.

Quella nota come la sequenza di Amatrice-Norcia-Visso è uno dei più importanti eventi sismici registrati nel Paese in questo secolo: 8mila chilometri quadrati di estensione per 140 comuni e circa 600mila persone direttamente colpite dagli effetti del terremoto.

Come spiega Doglioni, però, ogni terremoto è importante perché ci permette di meglio comprendere ed analizzare come e perché si manifestino eventi del genere. “La Terra è un corpo vivo”, spiega, “basti pensare che il pavimento delle nostre case si alza e si abbassa ogni giorno di circa 40 cm: non ce ne accorgiamo perché la lunghezza d’onda di tale oscillazione dovuta alle maree solide è di alcune migliaia di km”.

I dati satellitari e terrestri sono per fortuna sempre più abbondanti e dettagliati, e permettono ad istituti come l’Ingv di lavorare per “costruire una società resiliente alle catastrofi (…) e diffondere la cultura della prevenzione”.

La previsione: un evento ogni quattro o cinque anni 

La speranza di poter realisticamente prevedere i terremoti c’è, nelle parole di Doglioni, “ma l’obiettivo è ancora lontano, anche se si comincia a intravederne la possibilità.”

Il progresso della ricerca scientifica e lo sviluppo di sempre nuove tecnologie hanno già reso possibile individuare le aree più esposte al rischio di futuri eventi catastrofici. Si tratta di un’evoluzione di fondamentale importanza, giacché l’Ingv è oggi in grado di concentrare i propri sforzi nel monitoraggio del sottosuolo di specifiche aree a rischio.

Attualmente l’unica arma in mano ai sismologi è la statistica: con 20-25 terremoti distruttivi registrati ogni secolo, è ragionevole attendersi un evento ogni 4 o 5 anni. 

Ma quando potremo prevedere realmente i terremoti? Doglioni è molto chiaro su questo: “Non siamo in grado di prevedere dove e quando sarà il prossimo evento sismico” perché attualmente non si ha una conoscenza sufficiente di tutte le condizioni fisiche che conducono all’enucleazione di un sisma.

Sappiamo, però, che questo obiettivo è possibile”, continua, “si tratta di studiare e misurare capillarmente tutto quello che la Terra ci permette di misurare”, dalle falde acquifere alle stazioni Gps, tutti punti di riferimento utili ad analizzare le variazioni di velocità e le modificazioni del sottosuolo. 

Lo studio dei terremoti, e con esso la possibilità di prevederli, può fare buon uso di nuove tecnologie come le Intelligenze Artificiali. L’implementazione degli strumenti di monitoraggio è dunque il primo passo per conoscere meglio i movimenti della Terra e sperare di prevederne gli esiti. 

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