Spiagge italiane invase dai dischetti neri: cosa sono
Le spiagge italiane, dal Veneto alla Puglia, sono invase da molti dischetti neri che provengono con molta probabilità da un impianto di depurazione
Le spiagge italiane dell’Adriatico stanno affrontando un fenomeno insolito e preoccupante: centinaia, se non migliaia, di piccoli dischetti neri di plastica stanno comparendo lungo le coste, trasportati dal mare. Un’invasione silenziosa, ma ben visibile, che ha sollevato l’allarme ambientale. Tutto è cominciato mesi fa con i primi ritrovamenti a Rosolina, in provincia di Rovigo, e ora il fenomeno si è esteso fino alla Puglia.
Invasione di dischetti neri nelle spiagge dell’Adriatico
Dopo l’allarme Mare verde in diverse zone della costa Adriatica che aveva fatto preoccupare molti operatori balneari ora sembra esserci un altro problema: la diffusione di migliaia di dischetti neri piccoli, leggeri e flessibili. Le spiagge adriatiche dal Veneto alla Puglia, note per la loro bellezza, sono diventate teatro di questa anomala presenza. A lanciare l’allerta di recente è stato Enzo Suma, divulgatore ambientale e fondatore del progetto Archeoplastica, che da tempo si occupa della raccolta e dello studio dei rifiuti marini antichi e contemporanei. Stando a quanto afferma Suma sulla pagina Instagram di Archeoplastica questo inverno moltissimi dischetti avevano invaso il litorale di Rosolina in Veneto e ora sono arrivati anche in Puglia.
Si legge in un post Instagram di Archeoplastica “Quegli strani dischetti a forma di pringles trovati a Rosolina sono arrivati anche in Puglia. Si chiamano z-mbbr e arrivano da qualche depuratore del nord Italia.” Sarebbero, quindi, prodotti utilizzati per la depurazione delle acque. Questi dischetti sono realizzati in materiali plastici tecnici, come polipropilene e polietilene e la loro forma, simile a una rotella, li rende facilmente trasportabili dall’acqua ma anche disperdibili nell’ambiente. Dal nord, quindi, le correnti marine del Mar Adriatico avrebbero trasportato i dischetti fino al Sud della Penisola, insieme ad altra plastica.
L’allarme di Archeoplastica e l’indagine
Come già accennato Enzo Suma di Archeoplastica ha documentato con immagini e video il fenomeno e ha poi condiviso tutto su Instagram. L’azienda che produce questi dischetti è svedese ma in Italia sono poche le imprese che acquistano e usano questo prodotto. Si ipotizza che potrebbe esserci stato un problema in un impianto di depurazione, cosa già avvenuta qualche anno fa. È già successo, infatti, che per un errore un impianto abbia sversato migliaia di dischetti nel fiume Sele e da lì questi si sono riversati nelle acque italiane, in particolare tra Lazio e Campania.
Relativamente alla situazione attuale, però, Enzo Suma non vuole stare a guardare e si è già attivato con Matteo Miluzio, che conosce bene la situazione di Rosolina e l’ha più volte denunciata nel suo profilo Instagram. Nel post pubblicato dal progetto Archeoplastica si legge: “Abbiamo inviato, insieme a Matteo Miluzio, che conosce bene la situazione di Rosolina, una mail al direttore vendite dell’azienda svedese che produce questi dischetti. Il direttore, tra l’altro, è italiano, e ci auguriamo possa dimostrare una particolare sensibilità verso questo problema. Gli abbiamo chiesto se può fornirci un elenco dei clienti italiani che utilizzano questa tecnologia. Pensiamo infatti che ci sia un’azienda, o un depuratore che scarica nell’Adige, ignaro di quanto sta accadendo, e che continui a perdere questi dischetti in mare senza saperlo. Vi terremo aggiornati su ogni novità.”
Suma ha, quindi, collaborato con Matteo Miluzio, esperto della situazione a Rosolina, e insieme hanno contattato l’azienda svedese produttrice di questi dischetti. L’obiettivo è ottenere la lista dei clienti italiani che utilizzano la tecnologia Z-MBBR per restringere il campo e individuare con precisione la fonte dello sversamento. Allo stesso tempo anche Matteo Miluzio ha pubblicato nel suo profilo un video dove continua a denunciare l’invasione dei dischetti nel litorale veneto.