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Allarme olio extravergine in Italia, la situazione e i rischi

L'olio d'oliva uno dei prodotti simbolo dell'alimentare italiano è in crisi a causa della diminuzione della produzione e dell'aumento dei prezzi

Pubblicato:

Martina Bressan

SEO copywriter e Web Content Editor

Appassionata di viaggi, di trail running e di yoga, ama scoprire nuovi posti e nuove culture. Curiosa, determinata e intraprendente adora leggere ma soprattutto scrivere.

L’olio extravergine d’oliva, simbolo della dieta mediterranea e vanto della tradizione alimentare italiana, sta vivendo un momento di forte crisi. In molti, infatti, spesso  lo chiamano “oro giallo” soprattutto per l’impennata dei prezzi che lo sta rendendo sempre più inaccessibile. Questo è dovuto a diversi fattori sia interni che esterni. Da un lato, infatti, la produzione interna rallenta, mentre le importazioni dall’estero aumentano: un quadro che mette in allarme sia gli addetti ai lavori che i consumatori.

Perché è allarme olio extravergine d’oliva in Italia

Il comparto dell’olio d’oliva italiano è in sofferenza per molteplici fattori. Il primo campanello d’allarme riguarda il drastico calo della produzione, causato da un insieme di elementi. Tra i più gravi c’è stata sicuramente la diffusione della Xylella fastidiosa, un batterio che ha colpito duramente gli ulivi in Puglia portando all’abbattimento di migliaia di piante. A questo si sommano eventi climatici estremi, come i periodi di forte siccità o le gelate tardive.

Secondo i dati più recenti, tra il 2024 e il 2025 l’Italia ha prodotto circa 240.000 tonnellate di olio d’oliva, con un calo di 90.000 tonnellate rispetto all’anno precedente. A livello globale, la produzione di olio d’oliva è aumentata del 35%, mentre in Italia si è rilevato un calo. Secondo i dati condivisi da ‘Gambero Rosso’ il fabbisogno italiano è di circa 850-900.000 tonnellate, dato che emerge da consumo interno (circa 550.000 tonnellate) ed esportazioni (tra 300 e 350.000 tonnellate). Questo significa che le 600.000 tonnellate di fabbisogno mancante vengono coperte mediante importazioni, principalmente da Spagna e Grecia.

Ma sono aumentate anche le importazioni da Paesi extra UE come la Tunisia che immettono nel mercato italiano olio a prezzi molto bassi. Anche la localizzazione della produzione riporta dei problemi. Il Sud Italia, infatti, detiene il 46,3% delle giacenze, con la sola Puglia al 26,9% e la Calabria all’11%.  Questo sbilanciamento territoriale rende l’intero comparto molto vulnerabile a eventuali eventi climatici o fitosanitari. A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che nella nostra penisola ci sono per la maggior parte aziende olivicole di piccole dimensioni che faticano a rimanere competitive e non sono sempre al passo con le più moderne tecnologie.

L’aumento dei prezzi e la presenza di produttori stranieri

Il calo della produzione interna e i diversi fattori citati hanno avuto effetti immediati sui prezzi al consumo. Secondo i dati Ismea, tra gennaio e settembre 2024 i prezzi medi dell’olio extravergine d’oliva sono aumentati di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo del 2023. La tendenza purtroppo non è nuova: negli ultimi dieci anni i prezzi sono cresciuti del 173%, con un’impennata del 61% solo negli ultimi due anni. Dove prima si spendevano 3 o 4 euro per una bottiglia, ora si possono superare tranquillamente anche i 9 euro.

Questa dinamica ha avuto ripercussioni dirette sulle abitudini dei consumatori: circa il 30% degli italiani ha dichiarato di aver ridotto l’acquisto di olio extravergine, preferendo alternative più economiche come l’olio di semi. Una scelta che rischia però di compromettere la qualità dell’alimentazione e indebolire ancora di più il mercato interno. Il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha più volte ribadito la necessità di tutelare i produttori italiani, minacciati da una concorrenza estera spesso sleale. L’aumento dei prezzi e la ridotta disponibilità nazionale sono condizioni che sembrano rendere davvero difficile invertire la rotta nel breve termine.

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