Il caffè a Napoli non è buono: la provocazione di Gambero Rosso
Gambero Rosso ha lanciato una nuova provocazione sul caffè servito a Napoli che non sarebbe sempre così buono come spesso viene decantato
Il caffè al bar è diventata una consuetudine per moltissimi italiani che non riescono proprio a rinunciarci. Se c’è una città italiana che più delle altre ha reso il caffè un vero e proprio culto questa è Napoli.
Nel capoluogo campano, infatti, la tradizione del caffè ha origini antiche tanto che anche i turisti in visita alla città si ritagliano sempre del tempo per una pausa caffè. Secondo Gambero Rosso, però, il caffè servito a Napoli non sarebbe poi così buono come la città decanta.
Il caffè a Napoli non è davvero così buono
Napoli viene anche chiamata “la città del caffè” dato che qui il rituale del caffè preso al bar, accompagnato da un bicchierino d’acqua, è una vera e propria istituzione. Nella città partenopea questa è una tradizione storica al pari della pizza. Il caffè, infatti, non viene bevuto solo al mattino presto ma anche durante il giorno dato che è considerato come un momento di socialità e convivialità. A sostenere il grande valore che i napoletani danno al caffè è presente da anni la tradizione del “caffè sospeso”. Il caffè sospeso è un’abitudine che si dice sia nata durante gli anni più duri della Seconda Guerra Mondiale. All’epoca le persone che potevano entravano al bar e pagavano due caffè: uno lo bevevano e l’altro lo lasciavano pagato per chi non poteva permetterselo.
La fama del caffè napoletano supera i confini nazionali ed è diventato famoso anche all’estero, tanto che la Campania lo ha candidato a Patrimonio Unesco. Secondo Gambero Rosso, però, la qualità del caffè napoletano non sarebbe così alta. In città, infatti, moltissimi bar servono caffè quasi sempre bruciato e realizzato con chicchi di varietà robusta che si rivelano spesso di bassa qualità. “Il mito che si è creato attorno alla tazzulella, la liturgia dell’espresso al bar, è divertente, ma la cultura del caffè è tutt’altra faccenda.”: così scrive Gambero Rosso per spiegare come si debba andare oltre la narrazione.
Pare, infatti, che a Napoli la qualità media dei caffè serviti non sia poi così elevata, cosa che accade anche in altre città italiane solo che queste ultime non hanno costruito parte della propria fama attorno al caffè.
Secondo Gambero Rosso anche le caffetterie storiche della città, che sono spesso caratterizzate da arredi eleganti e servizio di alto livello, servono un caffè spesso mediocre. Attorno al caffè napoletano, quindi, si sarebbe creata una nomea immotivata.
Le caratteristiche di un caffè perfetto
Non tutti sanno che a Napoli il caffè si è diffuso nel XVIII secolo grazie a Maria Carolina D’Asburgo Lorena, figlia di Maria Teresa d’Austria.
Maria Carolina sposò nel 1768 re Ferdinando IV di Borbone e portò a Napoli una bevanda già diffusa alla corte di Vienna: il caffè. Si dice che sia stata sempre la reale asburgica ad introdurre la tradizione del caffè e cornetto, grazie ad un consiglio dato dalla sorella Maria Antonietta di Francia.
Con il tempo poi l’arte di preparare e servire il caffè a Napoli si è affinata e perfezionata sempre più ed ora la città partenopea che rimane una delle località meno care in Italia per bere un caffè. Si dice che siano sette le regole importanti per preparare un caffè alla perfezione. Tra i dettagli da considerare non c’è solo la miscela che può essere arabica o robusta ma anche la temperatura della tazzina (che dev’essere calda) a e l’acqua utilizzata.
Altre caratteristiche sono il tempo di realizzazione e il colore del caffè. Anche il clima ha un suo peso dato che un clima è favorevole influisce sulla macinazione dei chicchi e quindi sul gusto. Infine, bisogna ricordare che il caffè va servito con il bicchierino d’acqua d’accompagnamento.