Leonardo, a Lecco il vero Salvator Mundi? Le nuove analisi
Nuove analisi condotte sul Ritratto di Lecco: è realmente il vero Salvator Mundi di Leonardo da Vinci? Cosa sappiamo sull'origine di questa opera
Un mistero su Leonardo da Vinci resta ancora irrisolto: a Lecco c’è il vero Salvator Mundi dell’artista toscano? Sulla vicenda ci sono nuovi sviluppi, merito del lavoro degli studiosi di A.R.T. & Co. (Applicazioni di Restauro, Tecnologiche e Conservative), spin-off dell’Università di Camerino con sede ad Ascoli Piceno presso il Laboratorio Unicam di Tecnologie e Diagnostica per la Conservazione e il Restauro.
Nei giorni scorsi, gli esperti sono arrivati a Lecco con l’obiettivo di analizzare sotto il profilo scientifico il “Ritratto di Lecco”, opera appartenente a due collezionisti privati, oggetto di studi approfonditi allo scopo di stabilire la sua attribuzione a Leonardo da Vinci. Ci si interroga sull’ipotesi che l’opera possa essere il vero Salvator Mundi.
Cosa sappiamo sul Ritratto di Lecco
Nel mese di gennaio erano stati resi noti i risultati dei primi studi sull’opera lecchese: sulla base di indagini scientifiche sulla carta e indagini storiche, non si escludeva che l’opera possa portare effettivamente la firma di Leonardo da Vinci. Oggi ci sono nuovi sviluppi.
Gli studiosi hanno confrontato il Ritratto di Lecco con il famoso Autoritratto Leonardesco della Biblioteca Reale di Torino. Dall’analisi è emerso che il foglio dell’Autoritratto presenta filoni distanziati di circa 27 millimetri, la medesima misura riscontrata nel disegno di Lecco. Differente, invece, è lo spazio occupato dalle vergelle: 8-9 vergelle in 1 centimetro nel disegno di Torino contro le 6 vergelle nell’opera lecchese. Simile è lo spessore dei fogli: 230 micron nel primo caso, circa 200 nel secondo. Diverge parzialmente la composizione della carta: canapa e lino nell’Autoritratto Leonardesco, cotone e lino nel disegno di Lecco. Nel primo caso, inoltre, è assente la filigrana. La presenza di quest’ultima nel Ritratto di Lecco resta dubbia.
I proprietari del Ritratto di Lecco hanno commentato in alcune dichiarazioni riportate da ‘Lecco Notizie’: “Un nuovo tassello va ad aggiungersi su un’opera che potrebbe diventare molto importante anche per veicolare il nostro territorio. Dagli esami diagnostici, tra le altre cose, è emerso come nel pigmento usato nel Cristo di Lecco vi sia la presenza di tracce di titanio dovuta alla compresenza oltre di ematite anche della ilmenite. In Italia questo minerale è abbastanza raro e presente in Trentino-Alto Adige, in Piemonte, nella provincia di Vicenza ma soprattutto nella provincia di Sondrio, specie in Valmalenco. La presenza di questo elemento è un ulteriore dato interessante per arrivare alla datazione dell’opera, dalla studiosa Annalisa Di Maria, già ipotizzata intorno al 1492, data che coincide, secondo fonti storiche, al passaggio di Leonardo dalla Valsassina, Valchiavenna e Valtellina”.